Fondato a Racalmuto nel 1980

“U me paisi é sempre u me paisi”

Il poeta Salvatore Sciortino ha lasciato a Favara e a tutta la Sicilia centinaia di poesie in vernacolo, facendo rivivere alle nuove generazioni tradizioni popolari, feste religiose, mestieri antichi

Salvatore Sciortino (foto dal portale di Sicilia Tv)

Autore di diverse pubblicazioni e vincitore di decine di concorsi letterari, il poeta Salvatore Sciortino, per molti zi Totò, ha raccontato la sua Favara e la sua Sicilia in centinaia di poesie in vernacolo, facendo rivivere alle nuove generazioni tradizioni popolari, feste religiose, mestieri antichi. I suoi versi autentiche perle di saggezza in rima che ci ha lasciato in donazione.

Oggi mi piace ricordarlo con il sorriso del nostro primo incontro. Siamo a metà anni Novanta. Io vicesindaco e giovane sognatore di cose belle e nuove per la mia città e lui un grande e saggio lavoratore dei campi e nella sua tradizionale putia di generi alimentari.

Ci incontrammo per caso al Cortile Bentivegna, conosciuto in paese come u curtigliu de setti curtiglia. Con i miei colleghi di giunta e con il sindaco Airo’ avevamo organizzato una bella iniziativa culturale con il maestro Vincenzo Patti, grande pittore che con gli acquerelli racconta quello che Sciortino ha fatto con la poesia: Favara e la Sicilia. Durante la manifestazione chiamata “U paisi di li morti”, fatta apposta in quel caratteristico dedalo di 7 cortili per iniziare un percorso di valorizzazione (oggi all’apice grazie alla Farm e al notaio Andrea Bartoli) mi chiama un giornalista dell’allora mitica TVS Favara (oggi Sicilia Tv) per una intervista. Per non disturbare i lavori ci spostammo in un cortiletto.

Accanto a me Totò Sciortino. Lo conoscevo di vista, non avevo confidenza. Sapevo che era il papà di due miei amici, gli stimatissimi gemelli Sciortino. Sapevo che aveva una bottega di generi alimentari vicino la casa di una mia zia. Ad un certo punto, a fine intervista, mi fece ascoltare una sua poesia. Protagonista della sua composizione proprio i “sette cortili”, con le sue case vuote e con gli abitanti di anni che furono. Mentre lui recitava la sua poesia io venivo conquistato dalla musicalità dei suoi versi, dal particolare timbro vocale, dalle sue mani cotte dal sole. Appena finì non lo potevo applaudire a scena aperta per non disturbare i relatori. Chiesi subito:” Ma lei è un poeta?” E lui:” Penso e scrivo: fazzu tozza e jettu o ventu…”.

L’indomani mi recai nella sua putia. Non mi aspettava. Appena entrai i suoi occhi brillarono più della luna piena che c’era in quei giorni. “Signor Sciortino, oltre a quella ascoltata ieri, ha altre poesie? Stanotte ho pensato che questi “tozza jttati o ventu” non si devono disperdere. Mi piacerebbe, da assessore ai beni culturali, pubblicarli in un libro. Il Comune si farà carico dei costi editoriali. Mi faccia avere tutte le sue poesie”. Lui fu colto alla sorpresa. Ricordo che stava affettando mortadella per una anziana signora. Tagliò una fetta e mi chiese di mangiarla. Quella fetta l’accompagnai con una fresca gazzosa bevuta direttamente nella classica bottiglia verde. “Assessu’. Lei mi sta facendo felice. Mi vuole vero pubblicare le poesie mie? E quante ne servono?” Ed io: “Me le faccia leggere e facciamo una selezione…” E lui: “Mi dia qualche giorno di tempo che le scrivo… Lo sa io da ragazzo componevo anche canzoni e le cantavo pure nei festival…”. Parola dopo parola avevo la consapevolezza di avere davanti una persona da valorizzare per la sua umiltà, per la semplicità dei modi di fare e per la profondità delle emozioni che trasmetteva.

Una settimana dopo verso le 10 di sera sento citofonare a casa. Era lui. Salì con un fascio di verdure appena raccolte dalla campagna e con un “mazzo” di poesie. Il giorno dopo chiamai Carmelo Vetro, il preside eletto poi sindaco dopo il nostro mandato, e Enzo Patti. Chiesi a loro di darmi una mano di aiuto: il primo per il taglio editoriale da dare al libro, il secondo per alcuni acquerelli da intercalare tra le poesie. Così nacque il primo libro di Totò Sciortino dal titolo “Favara. U me paisi é sempre u me paisi”, al cui interno sono orgoglioso di aver scritto una presentazione introduttiva. Lo presentammo all’interno della sala del Collare al castello Chiaramonte, quando il maniero non era ancora recuperato dal progetto di Carmelo Antinoro. Fu una festa popolare. La gente non riuscì ad entrare e molti rimasero fuori. Ma tutti ritornarono a casa con in omaggio una copia del libro autografata da u zi Totò. Per ognuno, ricordo, una dedica diversa. Perché lui, oltre ad essere un grandissimo poeta, aveva il dono innato della rima ed era uno specialista nei brindisi augurali.

Da quel giorno iniziò la carriera pubblica di Totò Sciortino, fatta di partecipazioni e vittorie a decine di concorsi di poesia regionali, apparizioni in trasmissioni televisive, partecipazione alle principali iniziative cittadine. Di questi aspetti non vi racconto nulla perché noti a tutti. Volevo raccontare quei fatti privati e meno noti che lui ogni volta che mi incontrava piacevolmente ricordava ad alta voce.

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Il poeta Salvatore Sciortino si è spento a Favara, all’età di 87 anni, il 16 luglio del 2019.

 

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