Fondato a Racalmuto nel 1980

Violenza giovanile. Parliamone

La proposta di Salvatore Filippo Vitello, Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma: “Sarebbe interessante aprire su Malgradotutto un forum su questo argomento, nel quale, senza richiamare questa o quella teoria, ciascuno potesse apportare il contributo della sua esperienza”.

Salvatore Filippo Vitello

L’esergo del libro Cuori Inquieti del Cardinale Gianfranco Ravasi (libro che consiglio vivamente di leggere per come affronta, in modo semplice e fattuale, la problematica della violenza giovanile) riporta una citazione del giornalista Ugo Ojetti tratta dal libro Cose Viste. Riporto quella citazione per l’interesse che riveste sul tema educativo. “Lodiamo pure i giovani, esaltiamo l’adolescenza, adoriamo estatici la perizia. Ma ricordiamoci anche che gli uomini i quali hanno rinnovato il mondo sono sempre usciti da scuole dove i capricci e gli impeti della giovinezza erano corretti e frenati e dove i ragazzi si davano per modello gli uomini e le loro stabili e provate virtù.  La vite s’è sempre appoggiata all’olmo, non l”olmo alla vite”.

Il paradigma educativo di Ojetti è quello vissuto da gente della mia età, cioè boomer un po’ attempati. All’epoca le agenzie formative erano autorevoli, perché si basavano sul rispetto e la fiducia reciproci, la famiglia, la scuola, gli oratori parrocchiali, erano luoghi di incontro e di crescita condivisa. I genitori, l’insegnante (appellato con il titolo di professore), lo stesso prete (il parrino) erano sorretti da una autorevolezza e credibilità generalizzata. Questo consentiva loro di essere percepiti (sia pure con le debite eccezioni) come modelli, che ispiravano condotte positive.

Con ciò non si vuole dire che si vivesse nel mondo migliore possibile, poiché anche allora erano presenti violenze giovanili e familiari ed erano molto pesanti gli atti di bullismo e di prepotenza; rispetto a tali fatti però si muovevano azioni correttive che riuscivano – non in tutti i casi – a restituire un ordine, quantomeno formale. Oggi questo sistema appare superato da una sorta di mutazione genetica dei ruoli educativi. Si dice che sono cambiati gli strumenti di intervento; che sia venuto meno un certo rigore metodologico, con perdita del concetto di autorità. Forse in parte è così. Ma nella mia esperienza posso dire che tutti abbiamo commesso errori nella nostra vita e dai conseguenti richiami ed anche dalle punizioni abbiamo tratto vantaggio. Quando siamo stati in grado di ricrederci e di intraprendere un diverso percorso, di comprendere le conseguenze negative dei nostri atti ed abbiamo avuto la possibilità di verificarlo dall’incontro con la sofferenza (la punizione implica anche questo) siamo usciti migliori perché ci sentiamo sentiti responsabili.

Oggi viviamo in un contesto socio-economico profondamente cambiato e in un sistema di comunicazione totalmente rivoluzionato rispetto ai modelli di riferimento che ho prima indicato. Ancora più che in altri ambiti, il panorama informativo e il dibattito pubblico su questi aspetti e, più in generale, sul disagio giovanile, si caratterizza per un’elevata produzione socioculturale. Sui media, dai giornali alla televisione, così come sui social, abbondano pareri, servizi, interviste, numeri ancorché parziali e non strutturati. Eppure, è difficile arrivare a una sintesi, o perlomeno a un quadro chiaro su cosa stiano vivendo giovani e giovanissimi, su cosa stia davvero accadendo, in particolare, in tema di violenza.

In questo quadro di incertezza sicuramente tra i fattori di rischio significativi un peso notevole è da attribuire alle situazioni di solitudine e vulnerabilità del minore in un contesto relazionale e familiare sempre più esposto ad agenti disgreganti (non ultimi di tipo economico, come quelli connessi all’aumento delle diseguaglianze sociali, specie se di guarda il fronte dei giovani immigrati), nonché alle condizioni di una crescita psico – fisica sempre più veloce rispetto all’età biologica di fronte ai numerosi input che i minori ricevono quotidianamente.

In tutto questo vi è una verità di fondo, che il Papa Paolo VI ricordava con questa frase. “Molti oggi parlano dei giovani; ma non molti, ci pare, parlano ai giovani”. Parlare ai giovani è necessario soprattutto sul piano della prevenzione. Se non sono avvertiti e registrati tempestivamente i primi segnali di disagio, a partire dalle aule scolastiche, e non si interviene prima che si trasformino in condotte violente o in fatti penalmente rilevanti,  si continuerà a parlare dei giovani ed a constatare quanto, in particolare rispetto alla violenza di genere, i più giovani agiscono come se fossero cresciuti in una sorta di cultura “neopatriarcale”, in qualche modo appresa da un retaggio negativo proveniente dagli adulti.

Tali fenomeni interrogano gli adulti impegnati nei vari settori educativi,  genitori, educatori, insegnanti, e non ultimi gli operatori del diritto, sulla tempestività dei loro interventi. Il giornale Malgrado tutto mostra una grande sensibilità su questi argomenti, non foss’altro per la qualificante presenza tra i collaboratori di docenti di valore, molto impegnati sul piano educativo, sarebbe interessante aprire un forum su questi argomenti, nel quale, senza richiamare questa o quella teoria, ciascuno potesse apportare il contributo della sua esperienza.

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Salvatore Filippo Vitello

Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma

 

 

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