Fondato a Racalmuto nel 1980

Quelli della mia generazione nulla hanno mai saputo di Santa Rosalia

La Santa, compatrona di Racalmuto, tra cronaca e storia

Santa Rosalia di Racalmuto

In questo mio intervento seguirò le indicazioni di Benedetto Croce secondo cui la Storia è interpretazione di fatti accaduti, mentre la cronaca è la registrazione di ciò che accade. Anche se in qualche modo la mia cronaca può essere, per gli anni oramai trascorsi, annoverata come storia.

La storia

Nell’Anno Domine 1625, giungono a Racalmuto, in un reliquario d’argento, due frammenti costali di Santa Rosalia, grazie al cardinale di Palermo Giannettino Doria.

Giannettino Doria, figlio del principe Gianandrea Doria e della principessa Zenobia del Carretto Doria, era nato a Genova nel 1573. Zenobia nasce Del Carretto ed i Del Carretto originari di Finale Ligure erano, grazie ai Doria, anche signori di Racalmuto. La principessa sarà ricordata  per le sue opere di beneficienza, da piacentino non posso non ricordare l’istituzione del Monte di Pietà nel comune di Ottone, comune dell’appennino ligure-emiliano, oggi in provincia di Piacenza, facente allora parte del Marchesato di Torriglia. Quindi, grazie alla madre, Giannettino Doria si era sentito legato da Cardinale di Palermo alla contea di Racalmuto, per questo probabilmente avrà fatto dono delle Reliquie di Santa Rosalia, scoperte a Palermo e da lui riconosciute come autentiche. Una pergamena dello stesso arcivescovo Giannettino  ci testimonia l’evento. Su questo episodio e del binomio Santa Rosalia-Racalmuto, hanno scritto in molti, Interessanti a proposito la ricerca di Giuseppe Nalbone “Delle Chiese di Racalmuto” ( edizioni Malgrado Tutto – 2004) ed il libro di Angelo Cutaia “Santa Rosalia-Racalmutese e Pellegrina” che aggiunge ulteriori  notizie, attraverso raccolte documentali e testimonianze dirette.

La cronaca

Nell’Anno Domine 1980 si celebrava il matrimonio di un racalmutese e di una ragazza bivonese nella chiesa Madre di Cammarata. La scelta di Cammarata era stata dettata da questioni logistiche essendo a metà strada tra Racalmuto e Bivona. Occasione che dava modo agli invitati di ammirare un’opera del Monoculus Racalmutensis collocata in un altare di quella chiesa. Come da consuetudine, il fotografo si recava a casa della sposa per iniziare a riprenderla nell’abitazione della propria famiglia, premessa al servizio fotografico che avrebbe costituito l’album del matrimonio.

Fu così che il fotografo Alfonso Chiazzese, che aveva seguito le orme paterne (suo papà Leonardo –lu zi Nardu-  classe 1910 era stato uno dei primi fotografi del paese ed anche padrino di cresima dello sposo), si recava a Bivona in compagnia dell’arciprete Alfonso Puma, prete scelto dagli sposi per celebrare a Cammarata la funzione religiosa. Era il 3 settembre, la scelta non era stata casuale, era infatti la vigilia dell’annuale festa di Santa Rosalia patrona di Bivona: suonava festosa la banda mentre le bancarelle avevano riempito i marciapiedi del corso principale, dove abitava la sposa. Santa Rosalia discendente della nobile famiglia del conte Sinibaldo Sinibaldi, signore di Monte delle Rose e Quisquina, era stata sicuramente a Bivona, essendo quelle terre possedimento della famiglia. La chiesa di Santa Rosalia a Bivona si dice sia stata costruita proprio per custodire il tronco cavo della quercia dove si sarebbe rifugiata la giovane Sinibaldi, in seguito alla sua scelta religiosa. Il culto della Santa a Bivona aveva preceduto il culto palermitano. La statua ed il fercolo, indiscussi capolavori lignei ricoperti di lamine d’oro, erano infatti stati  realizzati nel 1601, prima della famosa peste palermitana.

Carmelo Sciascia

Tornando a noi, fatte le foto di rito: prima la sposa in casa sua, poi a casa della nonna presente la zia, suora agostiniana con il nome di suora Agnese. L’auto del fotografo con l’arciprete Puma, la sposa ed il padre, riprendeva la via del ritorno in direzione di Cammarata, dove erano attesi per la funzione religiosa. Superato Santo Stefano, la sposa suggeriva una breve sosta all’eremo della Quisquina per farlo visitare a padre Puma che, come secondo sua stessa affermazione, non aveva mai visto. Grande era stata la meraviglia del nostro arciprete che visitato l’eremo entrava per la prima volta nella grotta dove aveva soggiornato Santa Rosalia.

Fu grazie a quella visita, improvvisa ed inaspettata, che padre Puma ricordò come la Santa fosse stata patrona anche di Racalmuto. Paese dove se ne era persa memoria. Santa Rosalia era stata vittima sacrificale di una damnatio memoriae voluta probabilmente dall’alta gerarchia ecclesiastica palermitana che aveva imposto una sua biografia: la nascita di Rosalia avvenuta nel 1130 si affermava essere avvenuta a Palermo. A Racalmuto intanto aveva soppiantato l’antico culto di Santa Rosalia l’immagine di Santa Maria del Monte con la sua leggendaria epopea che  vedeva la statua di scuola gaginesca scoperta in Africa dal principe di Castronovo Eugenio Gioeni e rimasta a Racalmuto per volontà del conte Ercole Del Carretto, per volontà del popolo e soprattutto per proprio desiderio divino.

Quando la cronaca e la storia coincidono

Quelli della mia generazione ed ancora di qualche secolo prima nulla hanno mai saputo di Santa Rosalia, l’unica patrona era considerata solo la Madonna del Monte. La  visita alla grotta della Quisquina aveva continuato a farsi strada nella mente dell’arciprete Puma fino ad imporsi nella comunità ed essere condivisa. Fu così che veniva, in questo nuovo millennio, costituito un comitato per riprendere a distanza, qualcuno dice di qualche decennio, a mio avviso di qualche secolo, la festa del quattro settembre dedicata a Santa Rosalia, riconosciuta e festeggiata oggi come compatrona della religiosa comunità racalmutese.

Padre Alfonso Puma. Foto di Salvatore Picone

Racalmuto deve tanto all’arciprete Alfonso Puma, “l’ultimo dei preti e l’ultimo dei peccatori” come amava definirsi. Lo zio di un intero paese per il suo rivolgersi a tutti con il termine di Nipù (nipote): tanti ne aveva battezzati, cresimato e sposato. Agli sposati era solito rilasciare una pergamena con una poesia composta per l’occasione, io che ho sempre simpatizzato per gli eretici (a testimonianza il mio ultimo libro riguarda “L’eretico don Paolo Miraglia”) più che per i preti, tengo a futura memoria (perché il futuro abbia memoria) ben esposta la sua pergamena, gradito regalo di nozze. Una pergamena disegnata di suo pugno che rappresenta Penelope ed Ulisse e contiene una lunga poesia in lingua siciliana. È probabile che grazie a padre Puma che in seguito a quel matrimonio e per la casualità degli eventi (le vie del Signore sono infinite) ci troviamo a festeggiare anche a Racalmuto questo quattro settembre 2024 la Santa compatrona che ricorda il profumo delle rose e la purezza del giglio!

 

 

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