Fondato a Racalmuto nel 1980

Aldo Scimè/100 ANNI “Un libero pensatore dalle tante vite”

Ricorre il 5 settembre il centenario della nascita di Aldo Scimè. Conterraneo di Sciascia, a cui era legato da un’antica e robusta amicizia, fu giornalista ma anche segretario generale dell’Ars. Il ricordo di Pasquale Hamel: “Un siciliano di tenace concetto che coltivava il severo culto della ragione”

Aldo Scimè fotografato da Pietro Tulumello

Ci sono uomini che, della loro esistenza, lasciano segni profondi dei quali è giusto fare memoria. Meritoria, dunque, l’iniziativa del professore Antonio Di Grado e della Fondazione Sciascia di Racalmuto che, nel centesimo anniversario dalla nascita, ricorda Aldo Scimé con un convegno che chiama a raccolta quanti amici o conoscenti, superstiti lo conobbero e lo stimarono. Scimé è stato un uomo attento alle novità che, col suo elegante eloquio, le sue sensibilità culturali, il suo profilo, tutt’altro che provinciale, nel corso della sua lunga esistenza e fra le mille difficoltà che il “contesto” elevava, si fece protagonista e promotore di avventure culturali significative.

Il Nostro nacque il 5 settembre 1924 a Racalmuto, grosso centro agricolo e, ancor prima minerario, dell’agrigentino; un “luogo straordinario”, così lo definisce Leonardo Sciascia, lo scrittore al quale era legato da un’antica e robusta amicizia segnata, da stima e condivisione reciproca. Anche Sciascia era, infatti, figlio di quella terra, a cui rimase sempre quasi morbosamente legato. Racalmuto, per Scimè, fu il luogo dell’anima tanto che, nonostante avesse messo profonde radici a Palermo, non cessò mai di ritornare al “Paese” nella sua accogliente casa, in contrada Noce vicina a quella dell’amico scrittore, che per tutta la sua vita continuò ad essere aperta per ospitare letterati, intellettuali e artisti. Quella casa fu un vero e proprio cenacolo culturale che vide la presenza, con Sciascia, del meglio della cultura italiana del tempo da Renato Guttuso a Vincenzo Consolo, da Gesualdo Bufalino a Enzo Sellerio da Ferdinando Scianna a Matteo Collura. A Leonardo Sciascia lo accomunava l’idea laica, Scimé fu infatti “un libero pensatore”, un siciliano di tenace concetto, che non amava il pressapochismo e la superficialità ma coltivava il severo culto della ragione sempre filtrato da un sottile velo di ironia.

Aldo Scimè e Emanuele Cavallaro durante uno dei tanti servizi per la Rai

Gli studi giuridici, ai quali si era inizialmente dedicato senza tuttavia trascurare gli amati testi letterari, avevano contribuito ad affinare la logica dei suoi ragionamenti, che risultavano sempre appropriati e concludenti. Giornalista di razza, aveva collaborato come cronista a Radio Palermo, la prima emittente dell’Italia liberata costituita dagli Alleati dopo lo sbarco dell’estate 1943. Per Radio Palermo, che ha avuto come prestigioso direttore Mikhail Kamenetzky meglio noto come Ugo Stille, il nostro aveva curato non solo servizi e interviste a personaggi importanti del dopoguerra italiano, come il presidente dell’Eni Enrico Mattei, ma anche spazi di intrattenimento, come l’indimenticato Il Ficodindia. Il suo rapporto con la radio non s’interruppe mai, continuò a prestarvi la voce anche quando intraprese la carriera di funzionario parlamentare dell’Assemblea regionale siciliana della quale, all’inizio degli anni Settanta, mantenendo il suo spiccato profilo culturale, ne divenne prestigioso segretario generale. Proprio da funzionario del parlamento regionale ebbe il grande merito di promuovere l’apertura del palazzo alla grande cultura.

Memorabile fu, infatti, l’avere promosso nel 1967 la realizzazione, mentre era presidente Rosario Lanza, della grande mostra su Filippo Paladino, pittore caravaggesco. Una mostra che ebbe come curatore Cesare Brandi, assistito da un comitato scientifico di tutto rispetto di cui fu segretario Andrea Spica Russotto, allestita nei locali del palazzo Reale, con il patrocinio del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Un burocrate, dunque, sui generis ma non troppo visto che, nello staff del parlamento siciliano, il cui personale nel panorama burocratico regionale si è sempre distinto per stile e preparazione tecnica, c’erano allora intellettuali del livello di Nino Beninati, che sarebbe diventato ordinario di sociologia alla Sorbona, di Aristide Buffa, i cui fondi costituivano fiore all’occhiello del Giornale di Sicilia, del filosofo e scrittore Michele Anselmo o, ancora, del brillante Eugenio Franzitta, autore di testi teatrali.

da “Il Giornale di Sicilia” del 3 settembre 2024

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