Fondato a Racalmuto nel 1980

Il “guardiano” della Madonna del Monte

Quando Michele Agrò parlava di Racalmuto la sua espressività era coinvolgente. Manteneva viva ad Hamilton la tradizione della festa della Madonna 

Michele Agrò all’interno della Chiesa di Tutti i Santi, ad Hamilton, dove si venera la Madonna del Monte

Era così come lo vedevi: dinamico, esuberante, tuttofare. Quando parlava di Racalmuto la sua espressività era coinvolgente. E se capitava di trovarti ad Hamilton lui c’era sempre. La sua casa per i Racalmutesi era sempre aperta. Da quando se ne è andato queste due città gemelle, una in Canada l’altra nel cuore della Sicilia, hanno perso un pezzo di ponte. E sì, perché tra i tanti Michele Agrò era un nostromo abile che sapeva manovrare bene gli ormeggi per alzare le vele di tanti eventi nella comunità di Hamilton e soprattutto della festa della Madonna del Monte.

Lo ricordo – nelle diverse volte che ho avuto la fortuna di andare tra i concittadini di Hamilton – che preparava i festeggiamenti in ogni dettaglio: l’addobbo del carro con la Madonna (la varca, così la chiamava, la realizzò proprio lui la prima volta), le processioni, le bandiere del Cilio. E cantava come un bambino ai piedi della statua della Madonna, quell’inno che i racalmutesi di Hamilton portarono con loro assieme a tante altre cose: …Maria del Monte, Regina e bella, di nostra vita Tu sei la Stella… Siam peccatori, ma figli tuoi…

Sono il guardiano della Madonna del Monte di Hamilton – ci raccontava – apro e chiudo la nostra chiesa. Quando accendo le luci alla Madonna mi pare di essere nella chiesa di Racalmuto. Io sono devoto alla Madonna del Monte perché sono racalmutese“.

Aveva 77 anni, da un po’ di tempo era in pensione e si godeva la famiglia nella sua casetta in Canadà che sta nel cuore antico della città canadese dell’Ontario. Partecipava a tutte le iniziative organizzate dagli amici della “Fratellanza Racalmutese”, del club “Trinacria”, della “Cultural Society of Hamilton” e di “Festitalia”. Suonava lu marranzanu siciliano con il gruppo di “Sicilia Canta”, occasione in più per non dimenticare mai la sua infanzia a Racalmuto.

Suo padre era Totò Agrò, lu stagninu. Realizzava pentole, tegami, grondaie e pluviali che servivano per raccogliere l’acqua piovana. La sua officina era un buco nero pieno di fuliggine dietro la chiesa di Sant’Anna: “Anch’io davo una mano a mio padre – raccontava – Ma ho fatto di tutto sin da quando avevo otto anni, l’elettricista, l’aiuto barbiere, il muratore”.

Michele Agrò a Racalmuto nel 2019 (foto S. Picone)

Faceva di tutto e ne andava fiero. Da ragazzo metteva persino le luminarie in molte città della Sicilia. Lavorava al servizio di Totino Parisi, il racalmutese che negli anni Cinquanta costruiva e realizzava archi di luce per tante feste religiose. Compresa la festa del Monte di Racalmuto. Per questo ogni volta che tornava in paese guardava la piazza e gli luccicavano gli occhi.

Si commuoveva e piangeva. Come fece il fratello Sam, tornando dopo tanti anni nel suo paese. Anche lui un personaggio. Ricordo che Sam Agrò, morto nel 2017, costrinse l’autista a fermarsi all’ingresso del paese per baciare la terra natia. Nella piazza di Racalmuto abbracciò tutti e pianse ancora davanti la Matrice quando Padre Puma lo accolse ridendo – Nipù, turnasti?, gli disse. Era l’estate del 1998. Dieci anni prima Sam Agrò, assieme ad altri e al fratello Michele, riprese la festa del Monte di Hamilton.

I due fratelli lasciarono la Sicilia negli anni Sessanta. Michele aveva diciassette anni nel 1963. Quando tornava a Racalmuto stava sempre in piazza e si dannava nel vederla vuota: “Ricordo l’antica piazzetta, c’erano tante persone. Qui si veniva addruvati (ingaggiati, ndr) per il lavoro in miniera e in campagna“. Aveva ragione Michele Agrò a dannarsi per il vuoto nella piazza e per la mancanza di lavoro che ancora una volta sta facendo scappare tanti giovani e tante famiglie dal paese.

Racalmuto, luglio 2023: inaugurazione “Ciliu degli Emigrati”

Negli ultimi anni tornava spesso. Lo fece nel 2019 e nel 2023. Fu lui a condividere per primo l’idea di Giancarlo Matteliano e dell’associazione “Vivi Racalmuto” di realizzare per la festa della Madonna del Monte un “Cilio degli Emigrati”. E partecipò l’anno scorso alla grande festa d’inaugurazione di questo nuovo simbolo che unisce i racalmutesi sparsi nel mondo.

Lo guardava, lo coccolava con lo sguardo, abbracciava le colonne bianche e le radici dorate. Era felice. Sventolava con forza la bandiera del Canada, la terra che gli ha dato la dignità di un lavoro. Ma guardava con passione anche quella della Sicilia da cui mai si distaccò.

Assieme a Calogero Criminisi, in occasione delle recenti iniziative dedicate a Sciascia

Era un uomo pieno di amore, generosità e passione – ricorda Charlie Criminisi, promotore assieme ad altri di tante iniziative culturali che negli ultimi tempi hanno riacceso i rapporti di gemellaggio tra Racalmuto e Hamilton – Teneva sempre vicino al cuore il nostro paese, Racalmuto, la festa e la cultura siciliana. Quando ci incontravamo ci stringevamo forte. Se ne è andato un pilastro della nostra comunità“. “Recentemente partecipò alle iniziative dedicate a Leonardo Sciascia – aggiunge Criminisi – e in quell’occasione abbracciò mio zio Calogero, uno degli emigrati più anziani ormai. Una generazione, purtroppo, che se ne sta andando“.

Quella generazione che non ha mai dimenticato le proprie radici: «Chi negli anni Cinquanta se ne è andato, non solo si proponeva il ritorno, ma aveva, per così dire, un’esigenza di conservazione: che tutto restasse, nelle tradizioni e nelle abitudini, nelle feste, nel paesaggio, nei cibi, così com’era e come desiderava ritrovarlo», spiegò una volta Leonardo Sciascia.

Ed ecco. Queste righe del grande scrittore spiegano bene cosa aveva in testa Michele Agrò. E soprattutto cosa aveva nel cuore.

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