I personaggi di Màkari attraversano la Sicilia della Via Francigena passando da Corleone, Sutera e così via fino alla città di Sciascia dove l’autore è realmente cresciuto da ragazzo. Ed è lì che rivede gli amici, con nomi e cognomi veri, pur trasformati nei personaggi di un mondo dove campeggiano CasaSciascia, il circolo Unione e quello dei Salinari, contrada Noce, il Castelluccio e le altre tappe di un percorso capace di attrarre flussi di viaggiatori consapevoli
In ogni giallo almeno un delitto non può mancare, ma stavolta vive una svolta sociologica Saverio Lamanna, il “disoccupato di successo” creato da Gaetano Savatteri, l’investigatore per caso che smaschera brutti ceffi nei libri e nella serie Tv su “Makari”. Perché non solo l’autore nel nuovo testo, La Magna Via, racconta l’entroterra siciliano, la “sua” terra, ma s’addentra nella questione dell’emigrazione forzata e della “restanza”. Sostenendo, come fa dire alla acuta e bella Suleima, che al diritto di partire corrisponde il diritto a restare nei piccoli centri, sempre più svuotati. Non solo nella Sicilia di Savatteri. Ma anche nella Spagna “aspra e sempre più disabitata” di uno scrittore come Sergio del Molino o negli studi di Vito Teti su paesi abbondati in aree come la sua Calabria.
Riferimenti scientifici e letterari che emergono con leggerezza e profondità, con la rodata ironia di un autore che ne richiama altri, compreso Franco Arminio, il poeta dei versi sul piccolo centro da apprezzare: “Non pensare a ciò che manca, accetta i suoi misteri (…), ti è fratello ogni silenzio”. Flash evocati come le strofe di amati ritornelli, colonne sonore pronte per la trasposizione Tv che la Palomar affida in Rai a volti e gag di Claudio Gioè e Domenico Centamore, Ester Pantano e Tuccio Musumeci.
Inevitabile ormai pensare agli attori della fiction leggendo il nuovo intrigo di Savatteri edito da Sellerio. Ma non sarà facile l’eventuale riscrittura televisiva di questa trama densa di intime emozioni, connesse a rinvii letterari che cominciano con il pirandelliano “fischio del treno” della novella pubblicata nel 1914 dal Corriere della Sera. Espedienti per introdurci in una terra popolata non solo da metafore narrative, da Vigàta a Regalpetra, ma da zavorre di delusioni e sofferenze, miscelate alla solitudine specchiata fra vicoli di paesi spesso deserti.
Da questo vuoto La Manna/Savatteri vorrebbe salvare gli amici che ritrova approdando nella sua Racalmuto, alla fine di un viaggio intrapreso con l’anziano padre che decide di arrampicarsi a piedi, lungo le colline fra Palermo e Agrigento. Per gustarsi i sentieri della Via Francigena. Una sorta di siculo “cammino di Santiago”. Passando da Corleone, Sutera e così via fino alla città di Sciascia dove l’autore è realmente cresciuto da ragazzo. Ed è lì che rivede gli amici d’infanzia, con nomi e cognomi veri, pur trasformati nei personaggi di un mondo dove campeggiano CasaSciascia, il circolo dello scrittore, Contrada Noce, il circolo dei Zolfatai, la miniera di sale e le altre tappe di un percorso capace di attrarre, sperano, flussi di viaggiatori consapevoli.
Obiettivo dichiarato del personaggio-simbolo, Salvatore Picone, che di Regalpetra è reale “cicerone d’autore”: “Io ho scelto di restare, di far crescere qui mia figlia. Spero di riuscirci”. Appunto, una “restanza” che fa rima con speranza. Impegnato con gli altri “ragazzi” in lotta contro lo svuotamento, da Pippo a Gigi, Ignazio, Lillo, Peppe, Giovanni, “in una quotidiana e silenziosa opera di resistenza”, conclude Savatteri. Senza rinunciare all’ironia che forse cela una amarezza mai lagnosa. Facendo prevalere un sorriso beffardo anche attorno alla pantomima di una mafia ridotta a macchietta di sé stessa. Altro sogno consegnato a chi della Sicilia vorrebbe poter raccontare solo incanti e panorami di Màkari e dintorni.
da Corriere della Sera del 3 novembre 2024