Fondato a Racalmuto nel 1980

Dobbiamo imparare ad amarci

Violenza sulle donne. Perché le cose cambino è importante partire da noi stesse

Valeria Iannuzzo

E non è che dovete aspettare di avere una costola fratturata, il setto nasale rotto, il labbro superiore lacerato, l’arcata sopraccigliare contusa, gli occhi tumefatti, o le parti più impensabili del vostro corpo piene di lividi. Non dovete pensare che il massimo della violenza si possa raggiungere solo se vi mette le mani al collo, vi strattona, vi schiaffeggia, affonda un coltello nel vostro petto, vi fa a pezzi e vi butta in un torrente. No, la violenza è anche fatta di piccoli gesti, a volte lievi, quasi impercettibili. Possono essere talmente superficiali da passare inosservati, da divenire normalità. Se li vedeste dall’esterno, con buone probabilità, li notereste. Invece, quando ci siete dentro, diventano normali. Ci si abitua. Ci si abitua a tutto. E nel frattempo avanza la disistima, soffoca l’amore, viene meno il rispetto, anche per noi stesse. Soprattutto per noi stesse.

Perché violenza è quando in una discussione, in un confronto, lui alza la voce, ti sovrasta, cerca di zittirti aumentando il volume delle proprie parole, quasi a voler dimostrare che la tua voce non ha il diritto di essere ascoltata. E tu per ritrovare la pace fai un passo indietro, annienti ogni tuo pensiero, ritiri ogni tua richiesta, dandogli la possibilità di mettere fine a quella discussione. È vero che non vuoi lo scontro. È vero che non ti fa piacere che i tuoi figli assistano inermi alle vostre discussioni. Ma è anche vero che lasciandogli la possibilità di alzare la voce, mentre tu ti ritiri sconfitta, non hai solo fatto del male a te stessa, hai fatto del male anche ai tuoi figli: li stai educando alla sottomissione, stai insegnando loro che l’uomo può alzare la voce, che le tue idee non valgono niente. Le tue ossa alla fine saranno integre, la tua autostima no. Litigio dopo litigio si sbriciolerà come un cracker nelle mani di un bambino viziato.

Ricorda che violenza è lasciare che i suoi interessi, i suoi bisogni, i suoi sogni vengano anteposti ai tuoi. Se tu sei sempre in secondo piano è perché crede che tu vali meno, che sei meno importante, che non sei indispensabile. Tu sei madre, moglie, ma non sarai mai al suo stesso livello, starai sempre sotto di lui. A niente servirà che ti sia fatta in quattro per far quadrare i conti e portare avanti la famiglia, tu vali comunque meno di lui.

Ed è violenza quando ti dice: “Tu stai zitta!”, “Tu non vali niente”, “Non capisci niente”, “Fammi il piacere, occupati delle tue cose”, “I conti li pago io e decido io”. Questo suo squalificarti reiterato, volutamente perpetrato è violenza. Violenza è anche quando hai imparato a fingere che tutto vada bene, cercando di dimostrare che siete la coppia più fantastica del mondo. Sorrisi, abbracci, carinerie. E poi c’è anche l’altra lei. E tu lo sai. “Del resto lui torna sempre a casa. Gli uomini sono fatti così”. E nel frattempo diventi sempre più piccola, più invisibile, più fragile. Certo non ti fa mancare nulla, anzi ti concede delle spese extra, si presenta a casa con dei regali, cerca in tutti i modi di farsi perdonare. Peccato che giorno dopo giorno la tua dignità viene calpestata sino a diventare inesistente. Tu diventi inesistente.

Violenza è non essere libera di decidere cosa indossare, quale rossetto comprare, dove andare, chi frequentare, cosa cucinare, come disporre i mobili in casa, in che modo educare i bambini, quale meta scegliere per le vacanze, sino a rinunciare a quella che un tempo era la tua migliore amica perché a lui non piace. Violenza è quando ti accorgi che è già l’ora di cena e tu ancora non hai preparato nulla. E ti precipiti in cucina, cercando di mettere su in pochi minuti qualcosa nel tentativo di non farlo arrabbiare. Lo sai bene che è meglio evitare, che è meglio non fornirgli pretesti. Violenza è quando vivi la tua vita in funzione dei suoi possibili umori, cercando di prevenirli, di evitarli, di ridimensionarli, di curarli.

Ecco, il tuo uomo non è un soggetto da gestire come se fosse un paziente affetto da una malattia incurabile. Lui non è malato. È semplicemente sbagliato. Lui non ha capito quanto tu vali, quanto tu sia importante. E il fatto che tu continui a far finta che tutto vada bene non migliorerà le cose, non cambierà la tua condizione.

A volte abbiamo l’impressione che nulla potrà mai cambiare, ma non sempre è così. Perché le cose cambino è importante partire da noi stesse: dobbiamo imparare ad amarci. E l’amore passa attraverso il tempo che ci dedichiamo, gli interessi che coltiviamo, le relazioni che alimentiamo. Impariamo a pensare in prima persona, mettendo al primo posto noi stesse. Impariamo a circondarci di persone giuste, di modelli positivi, di amicizie sane. Le persone con cui ci confrontiamo possono fare la differenza, aiutandoci nel nostro processo di cambiamento. Questo non vorrà dire dire riappropriarci della nostra adolescenza, concedendoci notti brave in discoteca e cocktail al bar. Assolutamente no, sarebbe oltremodo sbagliato. Il tempo trascorso fa parte del passato e non potrà essere recuperato. Possiamo però impegnarci per vivere al meglio il nostro presente, liberandoci da tutti quei retaggi culturali che ci hanno volute sottomesse all’uomo.

E non è vero che una donna senza un uomo non vale niente. Ogni donna ha un valore intrinseco che può migliorare o peggiorare a seconda di chi le sta accanto. Scegliete allora di proseguire il vostro percorso solo con chi merita la vostra presenza. E ricordate che si viaggia meglio con un bagaglio leggero. A volte si viaggia benissimo anche senza bagagli.

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