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Otto Viaggiatrici per l’Otto Marzo

Otto figure femminili che, tra il Settecento e l’Ottocento, intrapresero viaggi avventurosi regalando nuove conoscenze utili alle generazioni future

Ester Rizzo

Da oggi all’Otto Marzo,  Gionata Internazionale delle donne, desideriamo ricordare, anche se sinteticamente, otto figure femminili nate tra il Settecento e l’Ottocento che, sfidando temerariamente le convenzioni sociali e morali delle loro epoche, intrapresero viaggi avventurosi regalando nuove conoscenze utili alle generazioni future.

Sono tante le donne che viaggiarono autonomamente in quel periodo ma la Storia ha lasciato solo deboli tracce e continua, ancora oggi, a raccontarci di grandi viaggiatori e grandi esploratori le cui imprese compiute sono state sicuramente più agevoli data l’appartenenza al genere maschile. La Storia invece tace sugli immani sforzi e il grande coraggio delle viaggiatrici di quello stesso periodo.

Negli ultimi anni alcune di loro sono riuscite a squarciare il limbo dell’invisibilità come, ad esempio, Nellie Bly o Gertrude Bell alle quali sono stati dedicati libri e film. Le altre hanno solo spazio in saggi, (la maggior parte dei quali scritti da donne) e in qualche piccola intitolazione commemorativa.

Sulla vita di Nelly Bly, che in realtà si chiamava Elizabeth Jane Cochran, si trovano romanzi, saggi e tanto materiale. Essendo stata la prima donna nel 1888 a circumnavigare il mondo in soli 72 giorni. La sua impresa ha attirato l’attenzione di editori e produttori. Una antesignana di quelle che oggi definiremmo giornaliste d’inchiesta o investigative, che per realizzare un reportage sulle condizioni degli ospedali psichiatrici della Pennsylvania non esitò a fingersi pazza e a farsi internare. Quando scoppiò la Prima Guerra mondiale diventò reporter di guerra viaggiando nei luoghi del conflitto e raccontandone gli orrori. Alla fine della guerra sfruttò la sua fama e la sua popolarità per aiutare bambine e bambini abbandonati a ritrovare una vita dignitosa. La morte, avvenuta nel 1922 la consacrò a simbolo per tutte le donne che volevano dimostrare “di saper viaggiare da sole e con pochi bagagli”. A Brooklyn le è stato intitolato un piccolo parco divertimenti che ha come tema il giro del mondo. Ci sembra ben poca cosa.

Invece Gertrude Margareth Lowthian Bell fu una viaggiatrice molto erudita, detiene il primato di essere stata la prima donna ad aver ottenuto il massimo dei voti presso l’università inglese di Oxford. Era nata in Inghilterra nel 1868, da una famiglia tra le dieci più ricche della Gran Bretagna. Subito dopo gli studi decise di viaggiare per conoscere il mondo: esplorò il Medio Oriente, l’Arabia Saudita, la Siria e la Turchia, attraversando ampie aree desertiche che nessuno conosceva, dormendo in tenda e soffrendo caldo e freddo senza mai scomporsi. Era profondamente rispettata dai capi tribù e mal tollerata dai funzionari britannici. Imparò a parlare correttamente l’arabo e fu fondatrice delle prime scuole femminili a Baghdad. La sua vita oscillò tra la stesura di racconti di viaggio, lo studio delle rovine archeologiche e l’attività di intelligence quando ricevette l’incarico di funzionaria politica nelle forze armate britanniche.  Le sue conoscenze furono determinanti per la politica inglese nell’area mediorientale al pari del più conosciuto e famoso Lawrence d’Arabia. Fu lei a tracciare sulle carte geografiche le linee che definivano le frontiere dei nuovi stati dell’Iraq e della Transgiordania e fu sempre lei a fondare il Museo archeologico iracheno e ad elaborare la disposizione per cui i reperti trovati in loco non potevano essere trasferiti in paesi stranieri. La sua storia, anche se a nostro parere molto edulcorata, è stata raccontata nel film “la Regina del deserto” del 2015.

A parte queste due viaggiatrici, ne racconteremo altre in maniera più dettagliata. Questa breve serie di articoli ha l’obiettivo di ricordarle, sperando di suscitare la curiosità all’approfondimento.

Le viaggiatrici nate in questi due secoli sicuramente furono agevolate perché colte, a volte ricche e soprattutto intraprendenti. Sfidarono le convenzioni dell’epoca o con molta furbizia le assecondarono formalmente e iniziarono a girare il mondo. Certo l’abbigliamento dell’epoca, con lunghe e ampie gonne e con rigidi corsetti, impediva loro di muoversi agilmente ma si avventurarono lo stesso per vette e deserti, visitarono luoghi esotici sfidando caldo e freddo estremi e attraversarono oceani in tempesta. Il loro viaggio può anche configurarsi come una fuga dalla morale vigente che imponeva loro la condizione inevitabile di mogli e di madri chiuse in casa ad aspettare mariti, figli, padri e fratelli che invece viaggiavano liberamente per tutto il globo.

Prima di loro solo qualche rara eccezione, tollerata proprio perché di eccezione si trattava. Alle donne era negato conoscere altri mondi, incontrare altre genti, altri usi e altri costumi: l’immagine imperante perpetrata restava, nonostante il passare dei secoli, quella della paziente Penelope chiusa in casa a tessere la tela in attesa del giramondo Ulisse. Per tutto il Medioevo i soli viaggi consentiti alle donne erano stati quelli verso un monastero, soprattutto se il patrimonio in famiglia doveva restare indiviso e di proprietà del fratello maggiore, oppure quelli delle principesse promesse spose, pedine manovrate sullo scacchiere delle dinastie regnanti.

Tra il Cinquecento e il Seicento ci fu qualche eccezione come Lady Montagu, nata a Londra nel 1689 da famiglia nobile. Il suo vero nome era Mary Wortley Montagu e grazie ai suoi viaggi e ai suoi studi sulle scienze e in particolare sulla medicina, al suo spirito d’osservazione, fu la prima persona a introdurre nel continente europeo, l’immunizzazione dal vaiolo tramite un vaccino. Aveva osservato, durante un viaggio in Turchia, che le donne di quei luoghi iniettavano su sé stesse e sui loro figli il vaiolo per immunizzarsi. Sicura dell’efficacia del vaccino lo inoculò per prima ai suoi figli e dovette affrontare lo scetticismo e l’ostracismo di medici ed ecclesiastici inglesi. L’invenzione del vaccino spetta storicamente a Edward Jenner, medico britannico nato nel 1749 a cui andarono titoli ed onorificenze. Forse contribuì all’ oblio di Mary Montagu il suo carattere determinato e schietto, che le fece dichiarare che non valeva la pena fare affidamento sui resoconti di viaggio degli uomini perché quelli in giovane età ricordavano i luoghi dove avevano bevuto il vino migliore o dove vi erano ragazze disponibili a concedersi ai piaceri amorosi. I viaggiatori adulti invece si limitavano a prendere nota delle distanze tra una stazione di posta e l’altra e al massimo delle città annotavano i palazzi e le architetture di pregio che avevano visto o visitato.

Fu forse questo suo sarcasmo e questa sua impertinenza che contribuì a cacciarla per secoli nell’oblio, anche se il suo viaggio in Turchia costituì un notevole progresso nell’ambito della medicina: un primato che, in seguito perfezionato, scolorì il suo innegabile ingegno.

L’attenta analisi dei luoghi visitati dalle viaggiatrici, la possibilità di entrare in mondi esclusivamente femminili in cui gli uomini non avevano libero acceso, ha permesso di acquisire conoscenze che non avremmo mai avuto. Il loro era un modo di viaggiare diverso, non partivano animate dall’obiettivo di diventare personaggi di successo, di ottenere meriti e riconoscimenti.

Erano viaggi che potremmo definire “di anima e di cuore “. I loro reportage ci forniscono inquadrature inusuali dei luoghi visitati e delle popolazioni incontrate.

Nei prossimi articoli approfondiremo, le figure di Ida Pfeiffer, Leonie d’Aunet, Isabella Bird, Alexandrine Tinne, Alice Muriel Willamson , Maria Theresa Laudien ,Mary Kingsley  e Alexandra David- Neel.

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