Fondato a Racalmuto nel 1980

Quando incontrammo il Giudice Rocco Chinnici

Ricordi. “Frequentavamo il liceo classico. A distanza di anni sono certa che quell’incontro ha influenzato le mie scelte universitarie e la donna che sono diventata”.

Carmen Campo, Preside Istituto Comprensivo “Leonardo Sciascia” Racalmuto – Grotte – Comitini

Una mattina scolastica come tante, il bidello che invita i rappresentanti di classe in presidenza, solita preoccupazione per un eventuale richiamo al rispetto delle regole, per una sempre possibile bravata studentesca, ma …

I ricordi di quell’anno (1981/82) non sono più nitidi, ma ciò che non cade mai nell’oblio è il sole che penetra in tutte le aule del Liceo classico, il mare e la Valle dei Templi come cornice e sfondo di ogni mattina scolastica. Il passaggio dal biennio ginnasiale, frequentato in un edificio di civile abitazione, in parte semi interrato, al triennio del liceo era recente e conservava intatta la gioia di quella sede scolastica inondata di bellezza! Una bellezza tanto superba e “prepotente” da far quasi dimenticare il freddo, per la totale mancanza di riscaldamenti e per gli spifferi che penetravano dagli infissi in legno, datati e inariditi dal sole. A sedici anni le amicizie che si moltiplicano, i progetti per il futuro e la costruenda identità personale entusiasmavano e riempivano la vita, sebbene non priva di ombre adolescenziali, tanto da non far pesare troppo gli effettivi disagi.

La presidenza, austera e istituzionale, godeva della medesima vista panoramica sul meglio della “più bella città dei mortali” (Pindaro), ma l’autorevolezza del prof. Giovanni Vivacqua, colto titolare pro tempore dell’ufficio, impediva di distogliere lo sguardo da lui e dalla sua scrivania!

Il Comitato studentesco, schierato in piedi a semicerchio, non senza ansietà per un eventuale ironico e caustico rimprovero, pendeva dalle labbra del capo d’istituto.

Entrò subito in medias res, senza preamboli o orpelli: “Abbiamo ricevuto l’invito a partecipare ad un incontro con il giudice Rocco Chinnici che si terrà all’Istituto Magistrale per una rappresentanza studentesca del nostro Liceo. Data l’importanza dell’evento, vorrei che mi faceste delle proposte per selezionare il gruppo degli alunni. Potreste essere voi rappresentanti eletti, o discuterne in classe per scegliere due compagni motivati e disposti a riferire agli altri studenti i contenuti dell’incontro. Attendo in giornata la vostra decisione di classe, mi raccomando l’urgenza, perché, per ragioni di sicurezza, devo comunicare per tempo i nominativi”.

Ritornando in classe, cercavo di ricordare dove avessi sentito il nome del dottore Chinnici. Mi frullava in testa anche l’inquietudine per la necessità di comunicare alla Polizia (forse) i nomi dei partecipanti…

In classe, dopo aver chiesto permesso alla professoressa, abbiamo presentato l’iniziativa ai compagni, che, speravo, accogliessero con entusiasmo la novità dell’invito. Non fu così, una ragazza, tradizionalmente paladina delle cause perse, fece uno dei primi interventi che diedero una brutta piega alla discussione: “Non è giusto fare una selezione! O partecipiamo tutti (30 alunni), oppure non partecipa nessuno”.

Cercavo di dire che saremmo stati ospiti di un altro istituto, che organizzava (forse con il Provveditorato) l’evento, che avremmo potuto fare un sorteggio, se tutti avessimo voluto partecipare, ma … niente era guerra aperta! Infine un compagno saggio: “le abbiamo elette, vadano le rappresentanti, anche perché poi avranno l’onere di relazionare!” E mentre la compagna populista continuava a urlare “o tutti o nessuno”, si raggiunse la maggioranza sulle rappresentanti di classe. Fu così che ebbi il privilegio di fare uno di quegli incontri che, in un modo o nell’altro, hanno il potere di cambiare la vita o di imprimerle un corso particolare.

Ricordo il brusio nell’aula magna dell’Istituto “Raffaello Politi” gremita in ogni ordine di posto, i saluti istituzionali, e poi quell’uomo corpulento e abbigliato in modo classico, ricordo il grigio e, sotto la giacca, un maglione o gilet di lana. La sua voce pur nell’autorevolezza del ruolo, aveva delle nuances di dolcezza paterna. Espose, le risultanze del suo importante lavoro investigativo e, forse con l’aiuto di un planisfero, evidenziò le “rotte” del traffico internazionale degli stupefacenti. Il dottore Chinnici faceva i nomi di famiglie mafiose siciliane, alcune anche della nostra provincia, e dimostrava come, da oltre Oceano, governassero gli affari illeciti. Segnava sulla cartina luoghi della nostra regione in cui erano stati scoperti dei laboratori per il taglio e la commercializzazione degli stupefacenti provenienti dall’America Latina e dai ben noti cartelli.

Mi affascinava più che lo straordinario successo delle sue indagini e l’indubbia lucidità delle analisi, l’eleganza forbita dell’eloquio e, ancora di più, le argomentazioni giuridiche riguardanti la sovranità degli Stati come vincolo, in mancanza di una reale cooperazione internazionale nella lotta alla criminalità, ma riguardanti anche una legislazione nazionale che non impediva di contare tante vittime per overdose e di avere una micro criminalità dilagante. Ci raccontava che spesso il sistema giudiziario pescava solo pesci piccoli, mentre i grossi continuavano a gozzovigliare nei loro paradisi dorati… Poi, all’improvviso, forse avvicinandosi alla platea, quindi a noi ragazzi, con quella voce ancora una volta paternamente ferma e persuasiva: “Acquistando droga diventate soci finanziatori esterni della più ricca e fiorente società, sappiate che non avrete alcun potere decisionale, altri deciderà della vostra vita, negandovi un futuro”.

A distanza di anni sono certa che quell’incontro ha influenzato le mie scelte universitarie e la donna che sono diventata. L’esito infausto della storia personale del procuratore Chinnici, mi ha fatto apprezzare il privilegio di aver frequentato una scuola in cui, dato il micro clima, il temporaneo abbandono, per vezzo giovanile, di qualche indumento pesante mi ha procurato una grande quantità di raffreddori e malattie invernali, ma nella quale si applicava già allora un canone fondamentale dell’educazione: i testimoni, non le prediche, formano le teste ben fatte!

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Carmen Campo

Preside Istituto Comprensivo “Leonardo Sciascia” Racalmuto – Grotte – Comitini

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