E’ Morto Aurelio Patti, stimato e apprezzato operatore culturale. Il commovente ricordo di Mario Gaziano. “La sua compostezza morale e intellettuale dava sempre equilibrio, lealtà e certezza dei confronti”.
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Così ci ha lasciato il mio fraterno amico Aurelio Patti. In silenzio, con la discrezione che fu la dimensione esistenziale della sua vita, tra dolori mai rimarginati e dolcissimi conforti familiari di nipotini adorati e della famiglia del cuore.
Dopo il suo santo rosario di ogni giorno, di pomeriggio, si è addormentato per realizzare il sogno della sua vita di cui mi parlava sempre e sempre: ricongiungersi all’adorato figlio Marco e all’amatissima moglie Moniqe Cadiet.
Se ne è andato dopo avermi salutato nel primo pomeriggio con la promessa di voler incontrare Lina, mia moglie, dimessa il giorno prima dall’ospedale.
E così, come in un film, ho attraversato tutta una vita, sempre con Aurelio accanto, dalle elementari.
Lui preciso, serio, severo con se stesso e con gli altri, a richiamarmi, a frenare i miei sproporzionati entusiasmi. Assieme sempre: a dirigere le tante edizioni della Sagra del mandorlo negli anni ’80.
Lui grande specialista e conoscitore del folklore siciliano e internazionale. Sempre puntuale, a precisare contorni e sostanze.
E poi la grande avventura della realizzazione con l’avv. D’Alessandro di una Sagra privata, in sostituzione dell’assenza della Sagra ufficiale a causa di conflitti internazionali.
E poi la straordinaria ventennale esperienza di coautore e conduttore con me di “Punto fermo” per Teleacras.
La sua compostezza morale e intellettuale dava sempre equilibrio, lealtà e certezza dei confronti.
Le parole non bastano, non possono essere sufficienti a comunicare la sua intensità umana e spirituale. Amava profondamente Agrigento e se ne doleva per vederla trascurata. E si impegnò in politica, in cultura, in tradizioni popolari e in attività profondamente religiose.
Era un uomo di classe, di altri tempi, distante da una contemporaneità che riteneva confusionaria, superficiale e pretenziosa. Era la serietà nella sua anima e nel suo intelletto.
Un amico fraterno d’altri tempi e d’altra intensità. Mancherà a me e alla nostra città, che Aurelio viveva giorno dopo giorno, affacciato nel suo fioritissimo balcone al centro di Via Atenea, con la sua Monique che leggeva sempre di storie di Agrigento antica e della Sicilia che le era entrata nel cuore. Come era dentro l’anima stessa di Aurelio.
Se n’è andato con in mente, sicuramente, le canzoni siciliane d’amore che il suo gruppo folkloristico “Valle dei templi” aveva portato in tutto il mondo.
Addio Aurè…,anzi a rivederci
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Ad Alessandro Patti e a tutti i familiari le sentite condoglianze del nostro giornale