Conversazione con Raimondo Moncada, autore del libro “Il Cinema di Pietro Germi. Gli anni felici in Sicilia”

Il libro di Raimondo Moncada Pietro Germi. Gli anni felici in Sicilia, edito da VGS libri, è un viaggio magico nella Sicilia del grande Cinema d’Autore. Ricco di notizie inedite, di splendide foto e di una ricca bibliografia, è il frutto di di studi e attente ricerche. Il volume fa scoprire molte curiosità legate anche ai registi Federico Fellini e Alessandro Blasetti.
Il libro – spiega Moncada – nasce dentro un percorso di cura oncologica e come sviluppo di una tesi di laurea. La colpa è di mia moglie Lucia che durante il mio soggiorno a Bologna, mi ha fatto iscrivere a un corso universitario online in Comunicazione per distrarmi da brutti pensieri. Con Germi mi sono più che distratto, mi sono appassionato, leggendo testi ovunque, libri e riviste d’epoca trovati nelle biblioteche di Bologna (e nella sua fornitissima cineteca), di Palermo, di Sciacca, di Menfi, avvicinando testimoni diretti e voci autorevoli. Alla fine del libro riporto una nutritissima bibliografia. Ho anche contattato un importante saggista come Orio Caldiron che ha avuto l’umiltà di dare ascolto a uno sconosciuto. Ho cercato Germi ovunque, ho seguito il suo sentimento, ripercorrendo i suoi passi anche fisici nei vicoli e nelle piazze di Sciacca. La tesi mi ha fatto laureare il giorno dopo l’uscita dal mio secondo ricovero, nel marzo 2024, il libro è uscito un anno dopo.
Il tuo libro racconta una Sicilia plurale, è un chiaro riferimento allo scrittore Gesualdo Bufalino?
Pietro Germi descrive nel suo cinema siciliano l’isola plurale di Gesualdo Bufalino. Lo cito già nell’introduzione. Il regista genovese racconta non una ma tante Sicilie, innamorandosi alla fine di una terra che, per citare Bufalino, si inventa “i giorni come momenti di perpetuo teatro, farsa, tragedia o melodramma”.
“Il cinema si interessa della Sicilia – sosteneva Leonardo Sciascia – perché la Sicilia è cinema”
La Sicilia è cinema per i suoi paesaggi unici, per la sua storia e per le storie di ogni singolo siciliano come noi, che hanno ispirato letterati premi Nobel e grandi cineasti. Non si spiegherebbe altrimenti la concentrazione nella nostra terra di tanti scrittori. Solo dalle nostre parti, nello spazio di pochi chilometri, sono nati Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Antonio Russello e Andrea Camilleri. E se guardiamo ai nostri giorni come non citare Gaetano Savatteri e Carmelo Sardo. E in Sicilia sono scesi non a caso maestri del cinema come Luchino Visconti, I fratelli Taviani, Pier Paolo Pasolini, Francesco Rosi, Roberto Rossellini e tanti altri.
Pietro Germi è venuto in Sicilia 5 volte, quando scatta l’amore per l’isola?
È una delle domande da cui è partita la mia ricerca. Mi sono proprio detto: ma che è venuto a fare un uomo del Nord, un regista della lontanissima Genova, nell’estremo Sud d’Italia? E perché dopo la sua prima volta, nel 1948 a Sciacca, è ritornato altre quattro volte? Le risposte le ho trovate e le ho scritte e hanno dato anche il sottotitolo al libro “Gli anni felici in Sicilia”. Lo dice lui stesso, anche nella sua ultima intervista pubblicata postuma dopo la sua morte. L’innamoramento avviene a Roma scrivendo la sceneggiatura del film In nome della legge e si completa, come in una folgorazione, quando mette piede a Sciacca. Un innamoramento che poi, di film in film, si trasforma in un amore eterno e grato.
Hai scritto che Pietro Germi è un regista unico e irripetibile che passa con mano leggera dalla commedia al dramma…
Non lo dico io, ma fior di studiosi, estimatori, attori, registi. È stato capace di passare dal pianto al riso, dal dramma di film come In nome della legge e Il cammino della speranza alla commedia di film come Divorzio all’Italiana e Sedotta e abbandonata. Una autentica rivoluzione del suo cinema, due vette raggiunte guarda caso in Sicilia. Una svolta quella della commedia che ha sorpreso i suoi amici, i suoi più stretti collaboratori. Non ci avrebbero scommesso una lira che un uomo così chiuso, così anche riservato, anche muto, potesse far ridere e non di una risata fine a se stessa. Le sue commedie seguono il filone del cinema di denuncia, prima contro la mafia, l’emarginazione e la povertà del Sud, poi contro mentalità, culture, codici penali arretrati.
La via di fuga da Genova per Germi non è il mare ma il cinema?
Il sogno iniziale dell’adolescente Germi è il mare, da buon genovese. E frequenta infatti il locale istituto nautico che però non completa. Fugge da quegli studi, dalla sua città per inseguire un altro sogno, quello di raccontare storie per aprirsi, lui ragazzo timido, al mondo. E bussa al Centro sperimentale di cinematografia di Roma…
Perché Germi non ammette di essere un regista neorealista?
Lui si forma in quel periodo, in pieno neorealismo. Viene inevitabilmente influenzato da quell’onda che si alza alta e fresca ed effervescente e piena di libertà dopo la fine della Seconda guerra mondiale e del regime fascista. Ma al suo animo ribelle stanno strette le classificazioni. A lui piace sperimentare nuovi linguaggi, nuove tecniche, andare oltre gli schemi, scoprirsi film dopo film. Non dimentichiamo che il suo primo film siciliano di grandissimo successo, In nome della legge, è fortemente influenzato dal cinema americano.
E’ il primo cineasta che affronta i temi dell’emigrazione, della povertà, della mafia con una lente nuova?
È un cineasta che pone con forza questi temi, con storie forti, con emozioni forti. E lo fa da non siciliano, vedendo quello che i siciliani non vedono o non vogliono vedere, denunciando ciò che altri non denunciano, per cambiare le cose non solo per fare spettacolo. Germi si prende a cuore la Sicilia e pone una sua questione meridionale. E per i siciliani diventa uno specchio per guardarsi negli occhi di un forestiero che non è venuto per farci del male o per prenderci in giro, ma rivelarci a noi stessi.
Qualche critico considera Pietro Germi il padre della commedia all’italiana, sei d’accordo?
Pietro Germi è uno straordinario autore inserito anche in quello che è considerato un genere conosciuto in tutto il mondo e che ha coniato il nome, “Commedia all’italiana”, dal suo film Divorzio all’italiana. In quegli anni ci sono stati anche altri importanti registi.
L’ironia è l’arma graffiante di Germi per riflettere sul divorzio e sul matrimonio riparatore…
Alla commedia arriva gradualmente, dopo i drammi, i melodrammi e i polizieschi. Pensa che gli sceneggiatori di Divorzio all’italiana avevano pensato all’inizio di farne un dramma. Poi si sono accorti, scrivendo, che la storia di per sé, con il suo carico drammatico, faceva ridere.È lì che avviene la svolta del suo cinema, con l’inserimento dell’ironia, della satira, del grottesco, per porre delle questioni socialmente e politicamente rilevanti per ottenere la cancellazione dal codice penale dell’articolo che perdonava chi si macchiava di delitto d’onore e dell’articolo che consentiva il matrimonio riparatore come perdono di chi usava violenza carnale nei confronti di una minorenne.
Quanto c’è di vero nella storia di Fellini che ritorna dalla Libia e propone a Germi le location per i suoi film, di cui è anche sceneggiatore?
Lo dicono importanti studiosi e biografi dello stesso Federico Fellini. Germi è sbarcato da Genova a Sciacca grazie al regista de La dolce vita ma anche alla frequentazione di altri artisti. Ne parlo nel libro andando alla ricerca proprio delle motivazioni che hanno spinto Germi a raggiungere la Sicilia, a girare nell’isola inizialmente pellicole tratte da opere di autori siciliani e poi ispirate alla cruda cronaca. Germi denuncia un sud senza giustizia, con scarse speranze e in mano alla mafia. Alla stampa dichiara: “Mi interesso della Sicilia perché il sud è ancora il più grosso problema italiano…”
E’ vero che il titolo del Cammino della speranza doveva essere terroni?
Proprio così. Ma come è accaduto anche per Sedotta e abbandonata, il titolo iniziale è stato cambiato. Terroni era troppo d’impatto, violento e avrebbe potuto provocare una reazione non voluta, avrebbe potuto offendere la sensibilità dei siciliani. Ma non era questa la finalità del regista che ha preferito cancellarlo.
Possiamo dire che Pietro Germi è stato da parte dei diritti delle donne, ad un certo punto del libro ho letto: “Può esserci in Italia una cosa più assurda del delitto d’onore”?
Si può dire. È stato anche dalla parte delle donne, denunciando con l’esagerazione, la caricatura, l’ironia, il maschilismo dell’epoca. Nelle sue commedie ci sono donne che osano ribellarsi.
Cosa intendi dire con l’espressione la Sicilia è la carta vincente per il cinema?
Perché la Sicilia è cinema. Nell’isola, come Pietro Germi, trovi il tragico e il comico, e ogni tipo di palcoscenico per girare qualsiasi tipo di film.
Cosa contiene il taccuino segreto di Germi?
È il suo diario, dove appuntava date di eventi importanti, con le sue impressioni, il suo stato d’animo del momento. Vi si legge, ad esempio, la nascita del film In nome della legge, e i suoi primi passi a Roma e poi i suoi primi passi in Sicilia. Una miniera di elementi preziosi per conoscere ancor di più l’artista e l’uomo, con le sue timidezze, paure ed emozioni. La Sicilia di Germi è una Repubblica nella Repubblica, tragica, comica prodiga, avara, è un’isola che reclama giustizia legata ad una vecchia tradizione musulmana…
A chi si rivolge questo libro?
A Sciacca, dove Germi ha girato il primo e l’ultimo dei suoi cinque film siciliani, nessuno ancora aveva scritto un saggio su questo autore. È un libro corale, che contiene tante voci, anche di saccensi che hanno recitato con lui come il presidente dell’associazione Pietro Germi Vincenzo Raso o di estimatori come il direttore artistico dello Sciacca Film Fest Sino Caracappa che si occupano di cinema e vengono chiamati a far parte di giurie di festival prestigiosi. È innanzitutto un dono a me stesso, scritto con tutto me stesso. Spero sia un dono per chi vorrà condividere con me questo viaggio di gratitudine nel sentimento di un uomo, di un artista geniale, morto troppo giovane, a sessant’anni, quasi la mia età di adesso, un maestro che ha dato tanto al cinema italiano, alla nostra terra e che avrebbe potuto ancora regalarci altre svolte e altri capolavori, facendoci piangere, ridere e riflettere sui nostri mali. Pietro Germi merita questo e altri tributi.