Parla Gaetano Augello, storico di Canicattì e docente, nell’anno scolastico 1968/69, del beato Rosario Angelo Livatino. Ricorda l’alunno e dice la sua sulla traslazione del corpo dal cimitero alla chiesa di Santa Chiara: “Un fatto logico e inevitabile. Abbiamo scritto una nuova pagina della nostra storia. Condivisibile o no, Livatino resta un simbolo della lotta alla mafia”

Gli acciacchi dell’età si vedono, cammina a fatica. Ma non poteva non esserci ad una manifestazione pubblica che, ne è pienamente convinto, “resterà nella storia di questa nostra Canicattì e non solo“. Gaetano Augello conosce assai bene la storia della sua città, in tanti libri ha raccontato fatti e personaggi del passato. La storia l’ha studiata dalla carte antiche, spulciando spesso negli archivi. E a lui, infatti, diedero incarico di scrivere la relazione storica per il processo di canonizzazione del Servo di Dio Rosario Angelo Livatino il cui percorso diocesano si è concluso nel 2018.
Augello, preside da molti anni in pensione, sempre attento ai fatti della sua comunità, è stato uno degli insegnanti di Rosario Livatino che ha frequentato, dopo le elementari e medie, il liceo classico “Ugo Foscolo” di Canicattì.

Tra gli insegnanti alle elementari (frequentò la scuola “De Amicis”) Margherita Lentini, che fu sua maestra in prima e seconda, e poi Giovanni Marchese Ragona e Nonio Lo Presti. Tra i suoi docenti da ricordare naturalmente Ida Abate, che ha scritto la prima biografia del “giudice ragazzino” morto nel settembre del 1990. E ancora Giuseppe Peritore, docente di Filosofia, Giovanna Onorato e altri. Molti di loro non ci sono più.
E’ stato suo docente di Italiano e Latino nell’anno scolastico 1968/69, sempre al “Foscolo”. Si commuove quando il corteo con il feretro del suo alunno arriva davanti la casa dove ha vissuto il magistrato accanto ai genitori, al papà Vincenzo e alla mamma Rosalia.
“E’ una giornata storica – ci dice – importantissima. Questa traslazione, il fatto che il corpo del giudice fosse spostato in una chiesa è un fatto logico. Certo, avrei preferito la chiesa di San Domenico, ma in effetti è piccola. Ma è un luogo che è stato frequentato da Rosario, io stesso lo ricordo alle messe pomeridiane della domenica in compagna del padre. Può far parte certamente di un itinerario dei luoghi del Beato“.
Com’era Rosario Livatino? “E’ stato scritto tanto. Lo ricordo come un ragazzo molto riservato, modesto. Forse per il carattere che aveva non avrebbe gradito tutto questo clamore. Ma le cose della vita degli uomini vanno come devono andare e anche questa scelta pian piano sarà assorbita dalla Storia, noi che ci viviamo dentro spesso non comprendiamo le ragioni. E’ sempre stato così di fronte ai grandi fatti dell’umanità, della storia.
Resta il fatto che Rosario Livatino è un simbolo della lotta alla mafia, non dimentichiamolo. Era molto sensibile, timido, educato, perbene, molto legato ai suoi genitori. Di una intelligenza vivace. Credente, sì. Cattolico ma non bigotto, era molto obiettivo. Tanto è stato detto e scritto sulla sua figura e ancora ne sentiremo parlare, così sarà soprattutto per le nuove generazioni – conclude Gaetano Augello – A me resta l’onore di averlo frequentato, di aver scritto della sua vita e delle sue opere. Era un ragazzo normale, per certi versi. Chi l’ha detto che non voleva sposarsi? Si cresimò perché doveva sposarsi, ma poi le cose finirono come finirono. Anche leggendo le sue agendine ce ne accorgiamo“.