Una riflessione di Giovanni Salvo sulla festa tanto amata dagli agrigentini

Finita anche questa edizione del Mandorlo in fiore, una delle feste che gli agrigentini amano alla pari di quella dedicata al santo nero, San Cologero. Così le giornate della più bella festa di primavera si sono egregiamente concluse domenica 16 marzo.
Evento giunto alla 77 edizione, sagra riuscita, momento rodato che gli agrigentini sarebbero in grado di organizzare anche solo un minuto prima del suo inizio.
In città si è fermato tutto, polemiche comprese, discussioni che sicuramente fioriranno il lunedì successivo, dall’indomani della premiazione del miglior gruppo. Tempio d’oro assegnato quest’anno al valente gruppo del Cile.
Gli argomenti roventi post festival di quest’anno potrebbero essere dunque un paio. L’assenza alla sfilata dei Carretti siciliani, oltre la mancanza di qualche iniziativa in più, data la carica di Agrigento Capitale della Cultura 2025. Un particolare plauso è andato al bel carro allegorico progettato dal bravo e talentuoso vignettista Sergio Criminisi, artista con radici di Racalmuto.
Nel complesso poi tutto come da copione. Per i critici più attenti, qualche piccolo neo è dato dal crescente “dadaismo” artistico di alcuni gruppi folkloristici agrigentini che, portando la solita allegria del friscaletto, e non solo, hanno indossato costumi appariscenti, certamente d’effetto, ma forse un po’ distanti dall’autenticità delle nostre tradizioni.