Una riflessione di Salvatore Filippo Vitello, nella Giornata della Memoria e dell’Impegno, sull’ omicidio, il 21 aprile 1993, di Angelo Carlisi e Calogero Zaffuto, due pescivendoli di Grotte vittime innocenti di mafia

Carmelo Arnone ha ricordato, su grotte.info, nel giorno della memoria e dell’impegno, Angelo Carlisi e Calogero Zaffuto, due pescivendoli di Grotte vittime innocenti di mafia, brutalmente assassinati il 21 aprile 1993 in contrada Caos a Porto Empedocle. Angelo e Calogero vennero uccisi per un presunto “sgarbo” punito con la morte. I mandanti e gli esecutori materiali di quel fatto orribile e crudele, all’esito di un un giusto processo hanno ricevuto le pene di giustizia.
Purtroppo quella vicenda non ha avuto nella nostra comunità il risalto che un fatto così orrendo e assurdo avrebbe meritato. Credo che questo sia accaduto perché si ritiene che anche i carnefici siano vittime delle loro scelte scellerate, e fra di loro vi è una persona che appartiene alla nostra comunità. Ma questo pensiero non può portare a semplificare. Perché vittime e carnefici non possono essere posti sullo stesso piano. Solo l’omicida ha scelto di odiare!
Oggi sul piano morale questo dettaglio è decisivo, perché ci obbliga ad avere piena consapevolezza di questo divario, per non attribuire alle vittime il peso di una relazione spezzata, che ricade solo ed esclusivamente nella responsabilità e nella coscienza degli assassini. Ed allora per essere chiari il peso di quel fatto ricade su chi ha premuto il grilletto e sul mandante, colui che, parafrasando il Card.Martini, ha armato quelle mani.
Io mi auguro e spero ardentemente che tutta la nostra comunità si auguri che coloro che hanno commesso quella carneficina capiscano, come disse il Card Romero il giorno prima di essere ucciso, che è ora di cambiare, che ci sono altre maniere di parlare, di esprimersi di regolare le controversie. Spero che quei carnefici capiscano che la verità viaggia insieme ad una coerente passione per l’uomo e per il rispetto della sua vita. Basta invece con tutto ciò che distrugge, e distrugge anche quelli stessi che usano mezzi e vie fondati sul disprezzo dell’uomo.
Al sacrificio di quelle vittime innocenti, alla sofferenza ed al dolore dei loro cari, alla testimonianza dei familiari più stretti si collega il richiamo alla giustizia ed al diritto, al dovere della verità quale dovere di tutta la comunità, poiché senza queste dimensioni non esiste un reale rispetto del dolore di chi resta.
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Salvatore Filippo Vitello
Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma