Fondato a Racalmuto nel 1980

L’incredibile calvario di un medico perbene

La drammatica storia di Lillo Ciaccio, l’ematologo che ha fondato la Banca del cordone ombelicale di Sciacca 

Il medico Lillo Ciaccio

Risale alla metà dello scorso mese di maggio la notizia del bambino ungherese di 2 anni guarito dalla leucemia dopo essere stato sottoposto a trapianto di midollo osseo attraverso l’utilizzo di cellule staminali compatibili conservate presso la Banca del cordone ombelicale di Sciacca. Una storia a lieto fine. Ma non è stata l’unica.

Nel corso degli anni, attraverso la banca dati internazionale che annovera anche le caratteristiche dei cordoni ombelicali a Sciacca, è stato possibile curare altri bambini, ma anche adulti.

Continuano in tal modo, e attraverso la possibilità di salvare vite umane, gli omaggi “postumi” alla memoria di Lillo Ciaccio, il medico di Sciacca morto due anni e mezzo fa e che fondò questa banca, finita poi al centro di un’inchiesta che tuttavia culminò in un nulla di fatto.

E mentre c’è chi ipotizza di avviare, presso la Chiesa Cattolica, il processo di beatificazione di Lillo Ciaccio, la banca del cordone di Sciacca (che oggi è diretta dal dottor Pasquale Gallerano) continua a crioconservare sacche di sangue cordonale donate dalle partorienti poco dopo avere messo al mondo i loro bambini.

Un’attività che opera in stretta collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti, il Centro Nazionale Sangue ed il Registro Nazionale dell’Ospedale Galliera di Genova.

La storia di Lillo Ciaccio è quella che, sul nostro giornale, abbiamo raccontato qualche anno fa. La stessa che ha suscitato tanto interesse e che vi riproponiamo.

_____________________________

Lillo Ciaccio, l’incredibile calvario di un uomo perbene

Raccontano che una volta, una trentina d’anni fa, ad una bambina affetta da anemia mediterranea in cura all’ospedale di Sciacca che tentava di ribellarsi alla inevitabile trasfusione Lillo Ciaccio abbia dato cinquantamila lire: “Ti compri una bambola, smetti di piangere” le disse, convincendola così a farsi curare.

Raccontano, poi, che due giorni dopo i genitori persuasero la piccola a restituire i soldi al dottore, ma che lui rifiutò: “La prossima volta voglio conoscere la tua bambola”.

Raccontano anche che, quando cinque anni fa la Guardia di finanza si presentò dentro la Banca del cordone ombelicale per sigillare la struttura, Lillo Ciaccio si era illuso che si trattasse di un controllo di routine. Non sapeva ancora che, al contrario, stava calando il sipario sulla sua creatura. Quella alla quale aveva dedicato gli anni più intensi della sua vita di medico della strada. La vita di uno che i capelli li porta lunghi perché trova che andare dal barbiere sia una insopportabile perdita di tempo. Tra la sorpresa generale e lo sconcerto di un’intera città, Lillo Ciaccio finì sotto processo. Insieme a lui ci finì pure la biologa Michela Gesù. Più che per le accuse rivolte alla sua persona, lui non ha mai sopportato quelle contro la sua più stretta collaboratrice. Accusati entrambi di aver conservato le sacche di sangue cordonale senza seguire correttamente i protocolli sulla sicurezza. Una delle sacche sequestrate conteneva cellule staminali compatibili con un bambino francese affetto da una grave malattia. Non fu possibile recapitargliela.

Non si sa come finì. Intanto la Banca del cordone fu sequestrata. E l’allora manager del “Giovanni Paolo II” Luigi Marano firmò il licenziamento di Lillo Ciaccio. Proprio così: l’ematologo dovette lasciare l’ospedale. E dire che quando quella di Sciacca era diventata la seconda Banca al mondo per numero di cordoni conservati in azoto liquido, lo stesso Marano non perdeva certo occasione per presenziare alle conferenze stampa in cui Ciaccio annunciava che una sacca di sangue cordonale compatibile era in partenza per Israele per salvare la vita di un bambino di Tel Aviv, o che un’altra era pronta per essere trasportata in un ospedale di Parigi, dove un’altra ragazzina sperava di continuare a vivere.

Ma Lillo Ciaccio e Michela Gesù saranno assolti: “Procedure corrette, il fatto non sussiste”, sentenziò il Tribunale. Ma nel frattempo Ciaccio ha trovato il tempo di iniziare uno studio in collaborazione con l’Università di Messina e con quella della Calabria. Obiettivo: verificare le modifiche al DNA delle popolazioni colpite dal terremoto del 1908. Scoprendo che sì, quel DNA si era effettivamente modificato, assumendo naturalmente anticorpi specifici atti a preservare eventuali conseguenze di nuove possibili scosse telluriche. Ma per continuare la ricerca, per scoprirne di più, servivano altri soldi. Che, nel frattempo, manco a dirlo, erano finiti. Ciaccio incassò felice l’assoluzione.

La Procura non presentò nemmeno appello contro la sentenza che, dunque, divenne definitiva. Recentemente Lillo Ciaccio ha ottenuto un’altra sentenza a suo favore: quella del giudice del lavoro del Tribunale di Sciacca Cinzia Alcamo, la quale ha sancito che il medico non doveva nemmeno essere licenziato, condannando l’Asp a risarcirlo: 493 mila euro.

Ma Lillo Ciaccio ha già fatto sapere di non volere un centesimo. Non gli interessano i soldi. “Saranno destinati alla ricerca scientifica, occorre tornare subito a Messina e proseguire gli studi sul DNA”. Un’ultima accusa pende su Lillo Ciaccio: quella di turbativa d’asta. Per questa ipotesi è tuttora sotto processo, in uno stralcio dell’inchiesta sulla Banca del cordone. Il medico è accusato di aver agevolato una casa farmaceutica piuttosto che un’altra nella fornitura delle sacche dove conservare il sangue cordonale. A breve ci sarà una sentenza anche qui. Ma la sentenza principale è quella che ha sancito che Lillo Ciaccio e Michela Gesù non hanno messo a repentaglio la vita di nessuno.

Lillo Ciaccio non è più quello di un tempo. Il tempo è passato, e i suoi 73 anni pesano assai più di quanto non si pensi. E Lillo Ciaccio si commuove mentre dice: “Basta così, non ce l’ho con nessuno, non ho alcuna voglia di rivalsa, non m’interessa dimostrare più delle carte giudiziarie che non ho lavorato male. Vorrei solo che la Banca del cordone ombelicale tornasse ai fasti di un tempo”.

(Da malgradotuttoweb 10 ottobre 2012)

Condividi articolo:

spot_img

Block title

Una strada di Raffadali per Giacomo Di Benedetto

A dieci anni dalla morte, il ricordo del sindaco e uomo politico raffadalese. Iniziativa il 29 novembre

Quando la storia di un dolce diventa leggenda

Dolci siciliani: la  "Genovese" 

“Una foto… una storia”

Alla libreria Millemondi di Palermo la presentazione del libro con racconti di Maria Grazia Sessa e fotografie di Salvatore Lumia.

I “Venerdì Jazz” al Palacongressi di Agrigento

Al via il 22 novembre la nuova edizione. I concerti in programma