Jerre Mangione, parte da Montallegro la sua storia. Elio Vittorini lo definì il più colto, il più raffinato e il più importante tra gli scrittori figli di immigrati italiani in America.
Mount Allegro, scritto proprio in questo modo, è il titolo di un romanzo purtroppo ancora poco conosciuto in Italia. E Una memoria di vita italo-americana è il suo eloquente sottotitolo. Si tratta molto probabilmente dell’opera di uno degli autori statunitensi (ma di chiare origini italiane) più importanti e influenti della letteratura americana del ventesimo secolo, ovvero Jerre (Gerlando) Mangione, nato nel 1909 a Rochester – cittadina che si trova nello stato di New York – da genitori emigrati negli USA alla fine dell’ottocento e partiti dal piccolo paesino di Montallegro, in provincia di Agrigento.
Fin da piccolo Jerre manifesta una particolare fragilità fisica che spesso lo rende debole e lo costringe a rimanere in casa a passare molto tempo in solitudine, condizione che però in seguito gli risulterà essere decisamente propizia. Le tante ore passate da solo, infatti, permisero al giovane Mangione di scoprire le gioie della lettura e in lui fecero nascere quel fortissimo amore per la cultura che lo accompagnerà durante tutto il corso della sua vita. All’interno del nucleo familiare dei Mangione, i genitori manifestarono sempre l’esigenza che si custodissero le tradizioni siciliane e che in casa, oltre ovviamente all’inglese, si parlasse l’italiano insieme al dialetto. Fu sempre intimamente affascinato da quel mondo geograficamente lontano ma tanto vicino fisicamente negli affetti, da quegli usi e da quei codici umani non scritti – ma al contempo granitici – che caratterizzavano un popolo, il suo popolo: gli italo-americani che a decine di migliaia si stavano trasferendo nell’americana terra dell’abbondanza. E tutto ciò è dimostrato dal fatto che Jerre Mangione, sin dal 1936, venne molte volte in Sicilia – isola di luoghi che adorava – come più volte testimoniato da un suo grande e illustre amico, lo scrittore empedoclino Andrea Camilleri.
Gli sforzi della sua famiglia per farlo studiare furono notevoli – poiché allora, nella democratica America, le borse di studio per i ragazzi di umili origini non erano accessibili come adesso – ma tutto ciò non gli impedì di concludere gli studi, laurearsi alla Syracuse University e trovare un primo lavoro presso l’autorevole rivista Time prima e la casa editrice Federal Writers Project poi, dove partecipò, dal 1937 al 1939, alla redazione delle guide turistiche da viaggio relative agli allora quarantotto stati degli USA. Successivamente, fu anche tra i primi italo-americani a ottenere prestigiosi incarichi presso il Dipartimento di Giustizia, l’Agenzia Federale per l’Emigrazione e per la Pubblicità, nonché collaborazioni con le più importanti riviste dell’epoca letterarie e non, come The New Masses, Harper’s Bazaar, New Repubblic e London Spectator.
Il suo primo lavoro editoriale fu appunto Mount Allegro, scritto nel 1943 (in piena seconda guerra mondiale) con l’intento – e anche il merito – di far conoscere e comprendere agli americani chi fosse realmente la sua gente, come vivesse e quali sofferenze avesse provato, assottigliando considerevolmente lo spessore di quel luogo comune che considerava tutti gli immigrati italiani (e siciliani in particolare) mafiosi o criminali. Mount Allegro fotografa infatti mirabilmente l’intreccio tra le storie di vita del vicinato, interamente di origini siciliane, che abitava e popolava il quartiere di Rochester dove nacque l’autore e che in seguito le autorità della stessa cittadina americana – in omaggio all’importanza letteraria, e non solo, del libro – hanno ribattezzato proprio con il nome di “Mount Allegro”. All’opera è stata da sempre riconosciuta la duplice fisionomia di romanzo e di racconto-narrazione della reale vita del ceto operaio immigrato.
Dopo il successo del suo primo lavoro, Jerre Mangione fu immediatamente catapultato nell’Olimpo dei più autorevoli scrittori americani dell’epoca, fino a essere considerato il capostipite di quella generazione di scrittori che ha avuto come assolute punte di diamante Mario Puzo (autore del celeberrimo romanzo Il padrino) e John Fante, quest’ultimo uno tra i più importanti scrittori che hanno contribuito a far grande il romanzo americano del ‘900. La produzione letteraria di Mangione continuò oltre quello che è considerato il più importante romanzo “etnico” della letteratura statunitense. Scrisse infatti l’appassionato Riunione in Sicilia nel 1950, il giallo con risvolti sociologici Ricerca nella notte nel 1965 e nel 1992, in collaborazione con Ben Morreale (anch’egli di origini siciliane, in quanto nipote e figlio di racalmutesi), La storia: cinque secoli di esperienza italo-americana, vera e propria summa sull’epopea sociale e culturale della comunità italo-americana da Colombo in poi.
Di Mangione si occupò nel 1947 anche Elio Vittorini, il quale in un articolo pubblicato sul Politecnico lo definì il più colto, il più raffinato e il più importante tra gli scrittori figli di immigrati italiani in America. Ma la carriera di Mangione non si limitò alla sola attività letteraria. Nel 1961, infatti, ebbe assegnata la cattedra di letteratura americana presso l’Università della Pennsylvania da cui si ritirò nel 1978, non prima di essere stato nominato, dallo stesso ateneo, professore emerito. Si spense quasi novantenne ad Haverford, in Pennsylvania, il 18 agosto del 1998. E a ulteriore dimostrazione del suo inesauribile e autentico amore per la cultura, colpisce che Jerre Mangione, prima di morire, abbia provveduto a cedere interamente i diritti relativi alla sua produzione letteraria e accademica a favore della Rochester University, che da sempre ne permette una dinamica ed efficiente fruizione dell’opera omnia.