Fondato a Racalmuto nel 1980

Quel virus giunto da Marte

Un racconto surreale di Raimondo Moncada, sognando un mondo migliore

Raimondo Moncada

Marte era un modello per gli altri mondi avanzati del sistema solare. Era avanti anni luce nella tecnologia e nelle interconnessioni tra i cittadini di ogni angolo del pianeta. Un giorno accadde l’impensabile. Un virus sconosciuto riuscì ad abbattere ogni difesa sanitaria colpendo la popolazione che per la prima volta non si sentì invincibile. Il numero di decessi raddoppiava di ora in ora e tutti si convinsero di non avere più scampo. 

“Moriremo tutti”.

Nessuna medicina conosciuta risultava efficace. L’unica speranza era superare le divisioni tra i singoli Stati e unire in uno sforzo comune le migliori intelligenze per mettere a punto un antidoto che riuscisse a contrastare gli effetti mortali del virus denominato Bovid 19, per la sua somiglianza al muso di un bue e per il numero di quelli che sembravano peli di un baffo, da una parte dieci e dall’altra nove. 

“Non faranno mai in tempo. Il contagio ci raggiungerà anche nei luoghi più remoti e protetti”.

Studiando in laboratorio notte e giorno le caratteristiche del virus alla ricerca dei suoi punti deboli, un gruppo composto dai migliori scienziati riuscì a trovare in tempi record un’alchimia, annunciata a tutti come la soluzione al male. 

“L’umanità è salva!” esultò il capo dell’Organizzazione mondiale della salute. “L’antidoto sarà prodotto da tutte le industrie di Marte, anche da quelle che non si sono mai occupate di farmaci. Ci sarà uno sforzo straordinario per coprire il fabbisogno dell’intero pianeta”.

Dopo il panico, e il terrore di un’estinzione, Marte tirò un bel sospiro di sollievo che però non durò molto. Qualcuno di una certa influenza cominciò a far serpeggiare più di una perplessità che, grazie ai potenti mezzi globali di comunicazione istantanea, si diffusero presto in ogni comunità con una forza sempre più impetuosa e convincente. 

“Ecco svelata l’origine del fantomatico virus”.

“Vogliono guadagnare sulla nostra pelle”.

“Si sono messi d’accordo con le industrie in crisi per fare business sulla salute”.

“È un antidoto mai usato prima. Lo sperimenteranno su di noi. Ci considerano  peggio delle cavie”.

“Hanno messo dentro metalli radioattivi e residui di animali morti”.

“E pure dei microchip per fare di noi quello che vogliono”.

“Approfittano dell’urgenza, del nostro bisogno, della nostra paura, per sterminarci tutti”.

La popolazione di Marte si ribellò. Ci furono proteste di piazza, con presenze che di giorno in giorno aumentavano a vista d’occhio. 

“No all’antidoto!”

“Non permetteremo di essere assassinati da un farmaco mai provato sugli esseri marziani”.

“Piuttosto ci uccidiamo noi con le nostre mani”.

Gli scienziati e le autorità sanitarie ogni giorno cercavano, a loro volta, di convincere la popolazione sull’efficacia dell’antidoto.

“È uno scudo contro l’infezione virale che altrimenti ucciderebbe”. 

“È fondamentale che tutti i cittadini prendano il farmaco, per rompere la catena dei contagi. Ognuno salvando se stesso salva gli altri”. 

“Gli ospedali non riescono più ad accogliere i contagiati. Non ci sono più posti. Attendere ancora significa il collasso, morte sicura”.

Ma quei continui appelli alla ragionevolezza non trovavano alcun riscontro positivo, non venivano ascoltati. Anzi sortivano l’effetto opposto.

“È tutta una finzione. Si fa terrorismo con l’informazione di regime perché sono tutti d’accordo, tutti a libro paga. Gli ospedali sono pieni solo di chi, stupidamente, ha provato il farmaco miracoloso contro un virus inesistente che fanno vedere solo in tv”. 

L’antidoto non uscì mai dalle fabbriche. Rimase ammassato nei magazzini e nei camion fermi davanti ai cancelli occupati da manifestanti accampati. La popolazione di Marte venne presto raggiunta nella sua quasi totalità dal Bovid e scomparve nel giro di poche settimane. 

“Non è vero niente!”

“Ci prendono ancora in giro”.

Furono le ultime frasi scritte nelle piattaforme di comunicazione globale istantanea. Poi il silenzio. 

Rimasero in vita solo gli scienziati dell’equipe che aveva messo a punto l’antidoto, i vertici dell’Organizzazione mondiale della salute e il personale delle industrie farmaceutiche a cui era stato impedito di uscire dalle fabbriche. Lasciarono Marte, ormai invivibile, e raggiunsero Giove mimetizzandosi con la locale popolazione. Quando anche Giove venne colpito dallo stesso virus, i marziani si fecero avanti senza alcuna titubanza per salvare chi li aveva accolti.

“Sappiamo come aiutarvi. Abbiamo la grande scienza della nostra terra per mettere realizzare nei vostri laboratori un farmaco o anche un vaccino”.

Vennero subito derisi, presi per folli. Nei canali di comunicazione istantanea globale era un susseguirsi di battute:

“Ma chi sono?”

“Ma che dicono?”

“Ma che vogliono?”

“Ma quale vaccino?”

“E chi paga?”

“Volete forse approfittare della nostra ingenuità?”.

“Alla fine è tutto per fare soldi”.

“Noi non ci caschiamo, non siamo così stupidi”.

Gli scienziati di Marte rimasero colpiti dalla reazione del popolo di Giove. Si attendevano tutt’altro, di essere considerati dei salvatori. 

“È un’esperienza che purtroppo abbiamo già vissuto nel nostro caro mondo”.

Tentarono con ogni mezzo di convincere anche il popolo di Giove a cambiare rotta, ad ascoltarli. Ma non ci fu niente da fare. Furono costretti a cercare ancora un altro pianeta, questa volta non abitato o non contagiato dalla scienza dei social. 

Non fu così facile. I marziani provarono tanti pianeti al di là del sistema solare e in ognuno le nuove tecnologie avevano causato un impazzimento generale da rendere difficile la vita. 

“Forse, prima di ogni cosa, – pensarono – dovremmo trovare un antidoto al virus dei mezzi di comunicazione istantanea che uccide ogni ragionevole discussione, dove il falso può diventare vero e il vero può diventare falso. Ma come, se non si riesce più a ragionare con nessuno?”

Gli scienziati marziani tornarono così sui loro passi rientrando nel sistema solare e puntando sui vicini del pianeta Terra. Riuscirono a sbarcare e a integrarsi con la locale popolazione, che ancora non conosceva la tecnologia del web. 

“Qui sarà tutto diverso” pensarono speranzosi. Nascosero bene computer, tablet, smartphone e smartwatch. Ma una notifica sonora li tradì e furono travolti dalla curiosità della gente che ben presto volle impossessarsi di quella magia che prometteva di unirli tutti come dei puntini, all’istante, facendo sognare un mondo migliore. 

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