Storie. E’ ancora vivo a Sciacca il ricordo di Padre Michele Arena e di Giummariello, l’asinello che lo aiutava a fare del bene a quanti ne avevano bisogno.
“Non portate fiori alla Madonna. Donatele, piuttosto, uova, galline, carne e pasta. Vi ringrazierà, vi amerà di più, pregherà per voi. E pure io lo farò, statene certi”. Era così che padre Michele Arena, riconosciuto benefattore della città di Sciacca morto 53 anni fa, usava catechizzare i fedeli. Perché, proprio come il suo punto di riferimento Don Bosco, capiva che un conto sono le preghiere e le omelie; un altro conto è la fame. Sì, la fame: quella dei poveri bambini dell’orfanotrofio da lui fondato negli anni Venti nei locali attigui alla chiesa di Santa Maria di Valverde, a tutti nota come chiesa delle Giummare, meraviglia barocca del XII secolo ulteriormente impreziosita proprio da padre Arena che nel 1935 volle farvi costruire anche una incantevole riproduzione della grotta rocciosa di Lourdes, tuttora meta di preghiere e pellegrinaggi.
“Che se ne fa la Madonna dei fiori?”. Dal suo pulpito questo omone, piuttosto in carne ma dai modi piuttosto sbrigativi, significava all’uditorio la sua concezione delle opere di bene. Concezione che non ne metteva minimamente in discussione la sacralità. Tanto più che padre Arena non chiedeva denaro. No, lui aveva bisogno di derrate alimentari. Perché ai ragazzi bisognava dare da mangiare. Che a gestire lo spirito ci avrebbe pensato lui, mentre quello di istruirli sarebbe stato compito delle suore del convento di Santa Chiara, congregazione nel frattempo stabilitasi proprio dentro il convento delle Giummare e ancora regolarmente presente a Sciacca.
E alle Giummare, tra la grotta di Lourdes e la chiesa Barocca, padre Arena ricavò anche una piccola stalla. L’ospite era di altissimo riguardo. Si chiamava “Giummariello”. Fu così che padre Arena aveva battezzato un asinello, chiamato anche lui a svolgere un ruolo liturgico al pari delle celebrazioni eucaristiche: quello di trascinare più o meno stancamente un carretto in legno. D’estate o d’inverno, col sole o con la pioggia, padre Arena e Giummariello giravano per le vie di Sciacca a chiedere un aiuto per gli orfanelli ospiti delle Giummare. I bottegai, ma anche le persone comuni, non si facevano certamente pregare. Chi un pacco di pasta, chi un chilo di carne, chi prodotti dell’ortofrutta, chi un po’ di pesce. C’era sempre un aiuto pronto per padre Arena. Che non aveva alcun problema a invocare un sostegno. Bussando spudoratamente alle porte che lui sapeva ospitare casati nobiliari o commercianti arricchiti.
Padre Arena depositava tutto quanto gli veniva donato sul carretto. Ringraziava, se ne andava con Giummariello proseguendo il suo pellegrinaggio giornaliero. Poi tornava al convento e consegnava tutto alle suore. Soddisfatto, perché anche quel giorno era riuscito a mettere insieme il pranzo con la cena dei suoi ragazzi. Padre Arena sapeva bene che nessuno si sarebbe mai voltato dall’altra parte, consapevole che negli occhi dei bambini c’erano quelli di Gesù Cristo in persona.
Ma raccontano che cammin facendo il prete “riforniva” anche quei compaesani che lui incontrava per strada sapendoli indigenti, allargando in tal modo “motu proprio” la misericordia anche a chi, pur non essendo ospite del suo orfanotrofio, aveva comunque bisogno di mangiare. Lui conosceva tutti a Sciacca. Tutti sapevano che se solo avesse potuto padre Arena avrebbe fatto qualcosa per gli altri.
Giummariello dal canto suo sembrava a tutti felice di ottemperare al suo compito. Consapevole che tanto padre Arena non si sarebbe certo dimenticato di lui. Quando tornava dentro la stalla c’erano fieno e biada ad aspettarlo.
Padre Arena era un prete speciale. Non certo attento alla forma, assai puntiglioso piuttosto quando si trattava di fornire volume alla sostanza. Un uomo vero, che non sopportava la ghettizzazione, neanche quella politica. E la stessa Chiesa non ne esaltava le gesta. Ecco perché alla fine era lui a rischiare di essere ghettizzato. Ma la gente lo amava troppo per permetterlo.
Fu padre Michele Arena a volere commemorare le vittime del dirigibile francese Dixmude, precipitato nel mare di Sciacca nel 1923. Fu lui nel 1964 a “costringere” due suoi cugini mastri muratori a costruire una colonna votiva alle Terme con in cima Notre Dame de Fourviere, in memoria di quelle vittime, ottenendo dal governo di Francia il riconoscimento ufficiale della Legion d’Onore. E dire che il sindaco dell’epoca Giuseppe Molinari voleva impedirglielo. “Provaci pure”, lo sfidò padre Arena. Accusato per questo di essere amico dei comunisti.
Se n’è andato 55 anni fa padre Michele Arena. Chi, tra le suore di Santa Chiara l’ha conosciuto, non l’ha mai dimenticato. E neanche la città di Sciacca, che continua a commemorarlo e, quando può, a rendergli omaggio. I più anziani hanno ancora negli occhi l’immagine di padre Arena sorridente accanto a Giummariello.