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«La Sicilia guardi all’Europa come ai tempi dei Florio»

L’INTERVISTA Nostro incontro con Stefania Auci, la scrittrice siciliana che ha vinto il Premio Bancarella. Dal suo romanzo I Leoni di Sicilia la serie televisiva prodotta da Disney

Stefania Auci durante la “conversazione” con Salvatore Picone

Le luccicano gli occhi quando parla della serie televisiva tratta dalle pagine del suo I Leoni di Sicilia. E pensa già di raggiungere il set l’autrice del bestseller tra i più clamorosi fenomeni editoriali degli ultimi anni. Stefania Auci, vincitrice del premio Bancarella e lo scorso mese di luglio protagonista ad Agrigento al Master di scrittura della “Strada degli scrittori” e di Treccani Cultura e Treccani Accademia, palpita di gioia.

Dalla carta alla pellicola, dunque…

«E’ un sogno da bimba che diventa realtà. Le mie parole che diventano immagini. Sono molto contenta per la produzione Disney, per la regia di Paolo Genevose con cui ho avuto modo di confrontarmi. Abbiamo una visione molto simile. E poi sono contentissima del cast. Ho apprezzato molto la presenza di attori siciliani, significa avere persone che sanno parlare il dialetto, ma soprattutto conoscono i silenzi che è un linguaggio nella nostra terra. Sono felice, è per me una grandissima soddisfazione. Ovviamente so che la trama della serie televisiva non sarà totalmente corrispondente a quella del romanzo. E’ giusto che sia così. Sono molto grata alla Leone che per prima ha creduto nella bontà del mio testo acquistando i diritti».

I romanzi di successo di Stefania Auci dedicati ai Florio

Che ha di magico la storia dei Florio da catturare l’attenzione di migliaia di lettori?

«Penso che sia la storia di questa famiglia, la capacità di vedere che al di là della ricchezza, della fama, del potere ci sono quei piccoli incastri di sentimenti che troviamo in ogni famiglia. Forse questa capacità di rispecchiarsi all’interno di una storia che, seppure con le sue peculiarità e i suoi connotati, richiama moltissimo il vissuto delle nostre nonne, dei nostri bisnonni, di quella rete parentale e familiare che ci portiamo dentro in un modo o nell’altro».

I Florio parlano ancora alla Sicilia di oggi?

«La Sicilia di oggi ha bisogno di credere nelle proprie capacità, di non affidarsi soltanto alla manna che viene dal cielo, a un certo tipo di statalismo che dovrebbe aiutarlo ma che talvolta fatica ad ingranare. La Sicilia di oggi avrebbe bisogno, a mio avviso, di alcune cose importanti: una sanità che funzioni una scuola che scopra e valorizzi talenti, investendo sull’Università (a parte Palermo, quelle di Messina e Catania, come ci dicono le statistiche, hanno avuto ultimamente esiti molto tristi). E poi soprattutto una rete di infrastrutture che finalmente porti la Sicilia in Europa, come ai tempi dei Florio. Abbiamo avuto molti finanziamenti europei che sono stati spesi male o, ancor peggio, non sono stati spesi affatto. Chiedere a ragazze e ragazzi di restare in un’isola che non offre nulla è deleterio. E questo vale non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia. Oggi c’è un’emigrazione  che è altissima, l’Italia si sta spopolando, si svuota dei suoi giovani migliori. Purtroppo siamo un Paese di vecchi che non investe sul proprio futuro».

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