Leggendo e conoscendo Giuseppe Maurizio Piscopo, ci si trova di fronte a una miscellanea di sentimenti e sensazioni, progetti e slanci, entusiasmi e passioni, ad una serie di cambiamenti e di poetiche forme di mimesi.
Parlando di Giuseppe Maurizio Piscopo, vorrei, innanzitutto, segnare alcuni punti: dove finisce l’artista? Dove inizia il pedagogo? Il Padre? L’Amico? L’intellettuale?
Forse non ci sono dei veri e propri limiti da segnare, proprio come il “limes romanus” che segnava sì i confini del territorio dell’Impero, ma non quelli dell’espansione culturale: quando finiva il territorio, iniziava la “romanitas”. Forse ci troviamo in una circolarità dell’essere al cui centro svetta il concetto di “poliedricità”.
È questo il “limes” entro cui si muove il Maestro Piscopo, un intellettuale a tutto campo. Il Premio “Un maestro è per sempre” è, prima di tutto, un assioma: il Maestro è come il primo Amore, e forse qualcosa di più, non si scorda mai. Qualcosa che, in Piscopo, è legato alla sua formazione di educatore, al suo amore per la ricerca storico-letteraria, a quell’estro creativo da cui viene subito preso quando “indossa” la fisarmonica. Sì, indossa, perché la fisarmonica, sotto le sue dita diventa subito avvolgente e coinvolgente, un vestito, un unicum come il dantesco uomo-albero, come una spirale di idee, di pensieri, di analisi socio-antropologiche.
Il percorso di Piscopo non è mai unidirezionale, neanche quando, in classe con i suoi giovanissimi allievi, i bambini, sperimenta nuove linee didattiche.
Sono sempre percorsi di ricerca e di conquista. Ricordiamo a tal proposito il suo lavoro “La Maestra portava carbone” (Torri del Vento Edizioni), un libriccino piccolo ma intenso, pregno di dati e di inviti alla riflessione. Un’analisi sociale e antropologica; una lettura di certi retaggi che ancora esistono e persistono in una Sicilia che pure è stata il fulcro di grandi pensatori e scrittori, che è stata culla del sapere, punto di riferimento di grandi artisti, meta del Grand Tour, momento di fusione di lingue e culture diverse. In questa Sicilia si muove e commuove Giuseppe Maurizio Piscopo, il Mastro sognatore, sempre giovane a dispetto dei suoi capelli che s’incanutiscono sempre di più. Sempre alla ricerca di dati nuovi e rivelatori, sempre in viaggio anche quando è lì, nella sua Favara, Terra che gli ha dato i natali e che ama tantissimo.
È proprio lì, a Favara, nell’agrigentino, nelle barberie, tra forbici e pennelli, tra calendarietti odoranti di borotalco che ripropongono spesso donne procaci, non di rado oggetto si sogni voluttuosi di giovani (e forse anche di meno giovani), è lì, proprio lì, che impara ad amare la fisarmonica, è lì che raccoglie storie di migranti e di “spartenza”, è lì che affina il suo amore per tutto ciò che è dolore ma anche riscatto e crescita sociale. Temi oggi più che mai attuali. La scuola, la sua attività di insegnante, rappresenta proprio la vetta di questo iter mentale e culturale dove trovano spazio nomi come Pirandello, Sciascia, Buttitta, Bonaviri, Bufalino e non solo.
Leggendo e conoscendo Giuseppe Maurizio Piscopo, ci si trova di fronte a tutta una miscellanea di sentimenti e sensazioni, progetti e slanci, entusiasmi e passioni, a tutta una serie di cambiamenti e di poetiche forme di mimesi. Persona colta e versatile, si presenta in modo semplice, ma dietro quei suoi panni dimessi, si cela la persona che sa ascoltare, in particolare i più piccoli. Perché sono proprio loro, i bambini, che hanno qualcosa da insegnare. Ed è proprio con i più piccoli che si instaura un rapporto biunivoco dove trova spazio anche la fisarmonica, la musica. Ed è così che il Maestro Piscopo porta avanti un nuovo modo di “fare scuola”.
I suoi libri, da “Merica Merica” a “La Maestra portava carbone” a “Il vecchio che rubava i bambini”, a “Raccontare Sciascia”, solo per citarne alcuni, sono sempre analisi socio-antropologiche, letture di nostri retaggi ancestrali che non riusciamo a scrollarci di dosso, che ancora sono presenti in una Sicilia che pure è stata il fulcro di grandi scrittori e pensatori, di pedagoghi come Sciascia e Bufalino, di Maestri-pensatori-sognatori.
Li vorremmo tutti per i nostri figli maestri come loro.
Lo vorremmo tutti un Maestro come Giuseppe Maurizio Piscopo, conosciutissimo in Italia, che ha ricevuto importanti Premi tra cui, nel 2000, un riconoscimento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per l’impegno nelle scuole a rischio di Palermo; nel 2004 il Premio Buttitta; nel 2005 il Premio Unesco per le opere letterarie e poetiche; nel 2019 il Premio Nikolaj Gogol a San Vito Lo Capo. Recentemente gli è stato conferito il Premio Buttitta per le tradizioni siciliane; il Premio Palcoscenico; il Premio Mauro Picone a Lercara Friddi; il Premio Alessio Di Giovanni; il Premio “Magister vitae” a San Vito Lo Capo, il Premio Rosa Balistreri e non solo.
Il Premio, “Un Maestro è per sempre”, consegnatogli il 22 ottobre 2022 dal Preside del Liceo Classico internazionale Umberto I di Palermo, Vito Lo Scrudato, nel corso di una cerimonia che ha visto musicisti e artisti alternarsi in una serie di manifestazioni culturali che hanno fatto nobile corona all’evento, non è soltanto un modo raffinato per sottolineare un percorso di ricerca da pedagogo sensibile alle innovazioni, ma è una conferma del bisogno del Nostro di portare qualcosa di nuovo nello stile del docente, come il protagonista dell’ ”Attimo fuggente” di Peter Weir; come personaggi poliedrici alla Dario Fo che Piscopo ha conosciuto e delle cui attenzioni e simpatie ha goduto; come chi non si accontenta di schemi precostituiti e cerca sempre il divenire storico; come chi sente il suo lavoro di pedagogo come una vocazione, un credo.
E ancora oggi, che non è più in servizio, Maurizio è prima di tutto un maestro, il Maestro Piscopo.
Giuseppe Maurizio Piscopo:”un maestro è per sempre”.
Giuseppe Maurizio Piscopo, per sempre Maestro.