Le riflessioni di Valeria Iannuzzo a margine della lettura del libro di Giuseppe Maurizio Piscopo “La vita è un alfabeto”.
Non ho mai recensito un libro. E non intendo farlo neanche adesso. Perché una recensione implica sempre e comunque una valutazione, un esame, un giudizio. Sono stanca di valutare, di pesare, misurare. La scuola mi costringe a farlo e lo faccio. E questo non mi piace.
De “La vita è un alfabeto” di Maurizio Piscopo, voglio, dunque, condividere le impressioni, le emozioni, le riflessioni, che ad ogni pagina – divorata come si fa con un cannolo siciliano, dopo una lunga dieta ipocalorica – mi hanno pervasa.
“Nostalgia” è la prima emozione che sento di dover esternare. Nostalgia di un tempo che fu, che viene fuori dalle storie che il Maestro Piscopo sa raccontare ai bambini. Perché Piscopo è il Maestro. Il Maestro che tutti avremmo voluto avere, che tutti i bambini dovrebbero avere. È il Maestro che sa ascoltare, osservare, capire, amare. In ogni suo scritto il Maestro fa capolino. Anche quando parla di fatti di cronaca, quella brutta chenessun bambino dovrebbe sentire, figuriamoci vivere.
Che sia il “Maestro” a scrivere queste storie non ho alcun dubbio. Non solo per i temi scelti, ma soprattutto per il modo in cui li porge. Come Piscopo, sono convinta che con i bambini si possano e si debbano affrontare anche gli argomenti più spinosi. Del resto solo attraverso la verità possiamo proteggerli dalle valanghe di spazzatura che quotidianamente attingono dal web. Ciò che conta è trovare le parole giuste per la loro età, la loro sensibilità, la loro capacità di comprensione.
Leggere le storie di “La vita è un alfabeto” è come avere tra le mani “Cuore” di Edmondo de Amicis. Ogni personaggio, ogni fatto, ogni illustrazione ti porta a scoprire un perché, a cercare una spiegazione, a comprendere una morale. Non a caso ogni storia si conclude con una consegna: “E tu cosa ne pensi?”
È quello che facciamo ogni santo giorno a scuola, cercando di sollecitare la capacità critica dei nostri studenti, bombardati da miriadi di informazioni e spesso impossibilitati a riflettere su un fatto perché dopo un millesimo di secondo la loro attenzione viene richiamata su altro.
Ancora una volta, “Nostalgia” è ciò che provo nel leggere di una specie di bambini ormai in via di estinzione. I bambini di Piscopo sono i bambini che la pandemia non ha neanche lontanamente sfiorato, che vivono e pensano da bambini, che sanno fare a meno della tecnologia e antepongono il piacere della scoperta all’ozio e al “tutto e subito”.
E poi ci sono i nonni. Che non sono i parcheggiatori abusivi di cui molti genitori – non abbastanza cresciuti – fanno uso e abuso. Non sono soggetti delegati a scarrozzare in palestra, a lezioni di musica, al catechismo, ai compleanni i propri nipoti. Sono i nonni di un tempo. Sono memoria storica, esempio, affetto. Sono i nonni con cui trascorrere un piacevole pomeriggio, sfogliando album di vecchie foto, con i quali preparare la cubaita, con cui andare al cimitero per portare i fiori sulle tombe dei parenti che non ci sono più. Sono i nonni con cui pregare, andare in chiesa. Sono quelli che ti insegnano a fare la croce e a cui vedi tra le mani nodose sgranare un Rosario. Ditemi: dove sono finiti questi nonni?
Leggere le storie di “La vita è un alfabeto” mi mette nostalgia perché sono consapevole che i nostri bambini, il bene più prezioso che l’umanità possegga, non godono delle attenzioni giuste. L’idea del giusto per molti nonni e genitori è quella di non fargli mancare nulla. Nulla di materiale. In realtà i nostri bambini stanno troppo tempo da soli. Li narcotizziamo davanti ad uno smartphone e ad un tablet, concedendoci spazi personali che un genitore consapevole dovrebbe sapere di non potersi permettere dopo aver messo al mondo un figlio.
Quanti nonni, quanti genitori leggono insieme ai loro bambini? Pochi. Pochissimi.
Ecco, l’idea di Piscopo di estrarre da un sacchetto di tela le tessere dell’alfabeto in maniera casuale e leggere la storia che ha come titolo quella lettera, mi è piaciuta assai. Ho immaginato, quasi fosse una scena di un film, una mamma insieme al suo bambino, magari con il pigiama a fumetti, che estraggono la tessera e danno il via alla magia della lettura.
Le storie di questo libro sono brevi, non rischierebbero mai di far calare la palpebra e metterebbero a dormire grandi e bambini con degli interrogativi. Instillerebbero sana curiosità, voglia di conoscere, desiderio di capire.
Quanti dei nostri piccoli conoscono un vinile? Quanti di loro hanno mai conosciuto un venditore di stoffe o di enciclopedie?
Qualche anno fa, prima della pandemia, facendo un corso ai bambini della scuola dell’infanzia, ho scoperto che non sapevano chi fosse il macellaio. La mia meraviglia era sconvolgente. Ma di cosa mi meravigliavo? Quanti di noi vanno a fare la spesa dal macellaio? Con i supermercati e i centri commerciali è sparita la maggior parte delle piccole realtà commerciali. I mestieri di una volta stanno scomparendo e i nostri bambini, che sembrano avere il mondo in mano con uno smartphon, di fatto non conoscono il mondo.
Ed è qui che Piscopo ha fatto centro. Ha offerto a molti genitori e nonni la possibilità di rivedere le proprie strategie educative. Di non puntare tutto sul presente, ma di valorizzare il passato, mentre si vive il presente.
Ed ancora, tra i tanti temi di riflessione, Piscopo ce ne offre uno, forse il più importante: l’ascolto. “A come ascolto” è il titolo della prima storia di questo libro. Forse, anzi certamente, ciascuno di noi dovrebbe imparare ad ascoltare. Si parla tanto, ma si ascolta poco. Impariamo ad ascoltare i nostri bambini. Impariamo a comprendere le loro emozioni. Impariamo a capire il loro modo di vedere le cose. Se cresceremo i nostri piccoli mostrando loro capacità di ascolto, anche loro impareranno ad ascoltare. È l’ascolto la chiave di ogni sana relazione. È l’ascolto la chiave che ci apre alle emozioni.
Infine, mi piacerebbe regalarvi un’ultima immagine che ho visualizzato leggendo “La vita è un alfabeto”, ed è quella di una Maestra – continuo a scrivere Maestro e Maestra con la lettera maiuscola per l’importanza che questi professionisti dovrebbero rivestire nella vita delle nuove generazioni- che legge con i bambini della sua classe una storia per ogni lettera dell’alfabeto che viene presentata.
In questo contesto, il lavoro di Piscopo diventa un importante contributo pedagogico offerto alla scuola italiana, quella che dovrebbe iniziare a prestare meno attenzione ai report, alle certificazioni, ai numeri, per restituire la giusta importanza agli studenti.
Se veramente volete bene ai vostri bambini, leggete questo libro. Ci sono tantissime cose che potreste imparare.