Fondato a Racalmuto nel 1980

Salvatore Puma, una vita per la lirica

RICORDI Il grande tenore racalmutese dopo aver girato il mondo concluse a Racalmuto la sua carriera con un concerto in Matrice. Il legame con il suo paese e il Teatro Regina Margherita dove si conservano i costumi di scena indossati durante la sua carriera

Il tenore Salvatore Puma fotografato nel 2006 da Pietro Tulumello al teatro del suo paese

Il 6 maggio del 1920 nasceva a Racalmuto, allora un ricco e glorioso centro della Sicilia, Salvatore Puma. Un grande artista, un grande Racalmutese, un uomo assai generoso. Per me, un “grande” amico. Avevo 17 anni quando l’ho conosciuto. Lo intervistai per Malgrado tutto in occasione del suo ultimo concerto nel suo paese. Dopo aver girato il mondo concluse proprio a Racalmuto la sua carriera con un concerto in Matrice, in occasione delle iniziative collaterali dell’inaugurazione della statua di Leonardo Sciascia. Era il 25 ottobre 1997. C’era l’editore Giulio Einaudi quella sera. “Ho iniziato a cantare qui – mi disse il tenore – e qui ho voluto chiudere la mia carriera”. Mi parlò della sua infanzia, della sua attività artistica, del legame che aveva con il teatro Regina Margherita allora ancora chiuso.

Non sarebbero passati nemmeno dieci anni e mi ritrovai a casa sua, a Roma, per ritirare i costumi di scena che aveva indossato durante la sua lunga attività iniziata col debutto a Pesaro nel 1949. Era il mese di giugno del 2006. Pochi mesi prima assieme al sindaco di Racalmuto Gigi Restivo, all’assessore Salvatore Sardo, a Pippo Di Falco – io collaboravo allora con la direzione artistica del “Regina Margherita”, con Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale  – eravamo stati invitati per un caffè dal tenore e dalla sua gentile consorte, la signora Lupita Guadalupe, perché proprio in quel periodo decise che avrebbe donato al teatro del suo paese, che intanto era stato riaperto dopo quarant’anni di chiusura, i suoi affetti più cari, i ricordi di una vita. Si trattava degli abiti di scena e i relativi monili che indossò nel corso della sua brillante carriera svolta nei teatri più prestigiosi d’Italia e del mondo.

Il Tenore Puma nella sua casa romana con Salvatore Picone e Carmelo Marchese nel 2006 (foto Tulumello)

Tre giorni a casa del tenore Puma ad archiviare foto, riprodurre i suoi dischi, catalogare la sua donazione e ascoltare dalla sua voce i vari momenti legati ai tanti spettacoli di cui era stato protagonista. Mentre Carmelo Marchese al computer digitalizzava e Pietro Tulumello fotografava, registrai con il Maestro una lunga intervista, rimasta ancora in gran parte inedita, nel quale racconta l’infanzia a Racalmuto, i rapporti con la famiglia, gli amici (ne ricordò tanti, da Luigi Facciponti a Lillo Messina, da Salvatore Tulumello ad Adamo Chiarelli, solo per citarne alcuni), l’arruolamento nel periodo della guerra nell’Arma dei Carabinieri, la partenza a 19 anni dal suo paese. E poi gli studi, gli inizi della carriera, la sua prima apparizione in pubblico. E quindi i viaggi, i teatri, il rapporto con artisti di tutto il mondo. Ricordo bene la sua commozione quando parlava di Racalmuto.

Era il 14 giugno. L’indomani tornammo a casa Puma. Ci fece trovare tutto il suo archivio di lettere e documenti, riconoscimenti, ritagli di giornali, locandine. Aveva conservato tutto. Fu per me una gran sorpresa quando mi disse che affidava quelle carte a noi perché avrebbe voluto ricostruire tutta la sua vita. Mi diede anche un quaderno dove aveva iniziato ad annotare, spesso collaborato dal fratello arciprete, il caro don Alronso, tutta la sua carriera. Anno dopo anno, stava iniziando a scrivere tutto. “Non sono in condizione di lavorarci – mi disse – pensaci tu”. Continuammo con la registrazione dell’intervista. Parlava e raccontava di tutto. Ricordava anche i minimi particolari dei suoi viaggi, dei suoi incontri.

Ricordò anche il rapporto stretto che ha avuto con due compagni di classe alle elementari, Luigi Infantino e Leonardo Sciascia.

E rimase di stucco quando, un anno dopo quell’incontro, gli feci avere le fotocopie dei registri scolastici di quegli anni. Materiale che poi mi fu utile per il mio libro Tra i banchi di Regalpetra pubblicato proprio nel mese di marzo del 2007, poche settimane dopo la sua scomparsa. Avrebbe voluto vedere il libro. La sua testimonianza rimase comunque preziosa perché racconta gli anni trascorsi in una classe di scuola elementare con Sciascia e Infantino, che tra l’altro – mi disse – essere stato suo “fratello di latte”.

In quei giorni a Roma faceva caldo. Parlava di sé anche quando passeggiavamo all’ombra, nei dintorni della sua casa, in una zona residenziale della capitale. Ricordo le sue lacrime e quelle della sua signora quando partimmo da Roma con l’auto piena fino al collo di tutti i suoi abiti di scena diretti a Racalmuto.

Ci saremmo rivisti un mese dopo in paese, per le due giornate a lui dedicate, organizzate dall’amministrazione comunale e dal Teatro. Ci riabbracciammo nella sala oggi a lui dedicata che ospita la sua generosa donazione. Una settimana prima dell’evento, previsto per il 15 e 16 luglio, abbiamo trascorso giornate intere in teatro. Da vero professionista non voleva nemmeno tornare a casa per pranzare. Si lavorava continuamente, pranzo al volo e via.

Ricostruì minuziosamente una vita attraverso la sistemazione dei costumi e attraverso i ricordi affidati alla curatela di Giusi Mulè in quel periodo da poco rientrata a Racalmuto dopo gli studi a Firenze. Lei e la signora Puma posizionavano manichini, sistemavano camicie e parrucche stilando un inventario dettagliato di tutta la donazione del tenore. Carmelo Marchese e Pietro Tulumello, nel frattempo, realizzavano i pannelli tutt’oggi in mostra nel foyer del teatro. Col tenore, invece, continuavamo il lavoro di registrazione dei suoi ricordi e capitava spesso sentirlo cantare celebri arie.

Una vita per la lirica. Omaggio al Tenore Salvatore Puma. Finalmente arrivò il 15 luglio, giorno dell’inaugurazione della mostra dei costumi. Vederli sui manichini era per lui come rivederli addosso. Gli facemmo una sorpresa. Poco prima degli interventi alla tavola rotonda che si svolse in teatro – dove intervennero due suoi amici Lucillo Pitton e Lino Puglisi, una sua allieva, Silvia Guidantoni, Don Alfonso Puma, i suoi amici racalmutesi Calogero Messina, Alfonso Parisi, Domenico Mannella e Aldo Scimè – proiettammo il documentario “Una voce nel mondo”. Rimase felice. Quando poi lo chiamarono sul palco venne a prendermi con forza da dietro le quinte per ringraziare pubblicamente me e Giusi, Carmelo Marchese e Pietro Tulumello per l’attenzione che gli avevamo dedicato in tutti quei mesi.

Anche lui ci fece una sorpresa. Col sindaco Restivo, con l’assessore Sardo, con l’allora segretaria comunale Letizia Scibetta firmò davanti ad una marea di gente distribuita tra palchi e platea, la sua Dichiarazione di Atto di donazione dei costumi e dei monili costituendo un Comitato specifico che avrebbe dovuto collaborare con il Comune per la salvaguardia di tutto quel materiale. Mi ritrovai così tra le nomine che lui aveva fatto, accanto al nome del fratello Alfonso e del nipote Antonio Puma.

Un uomo, un artista, un Racalmutese che merita l’attenzione che negli ultimi anni della sua vita ha avuto dalla sua comunità. Dopo l’inaugurazione della mostra dei costumi, si svolse un concerto lirico con alcuni suoi allievi e con la partecipazione del coro filarmonico “Terzo Millennio”. Quella sera, sulla soglia del “Margherita”, salì sul palco accanto alcuni suoi allievi.

Ringraziò ancora una volta i suoi concittadini. C’era tanta gente in via Vittorio Emanuele: un grande tributo ad un figlio illustre di questa terra. Quella fu l’ultima apparizione in pubblico di Salvatore Puma. Tornò a Roma. Chiamava quando dai cassetti tirava fuori una nuova foto, ritagli di giornali o locandine che non ci aveva fatto ancora vedere. Mi spediva tutto e mi spingeva a chiudere il lavoro che avevamo iniziato. Nel marzo del 2007 ci arrivò la notizia della sua morte.

Un attacco al cuore davanti un ospedale romano, dove aveva accompagnato la moglie per una visita, fermò la sua vita. Accendemmo quella notte le luci del teatro. In quell’intervista, scherzando, ci disse che dovevamo accendere la sala dei costumi e mettere un suo disco quando sarebbe passato a miglior vita. La camera ardente si tenne nel foyer del “Regina Margherita”. Un paese intero gli rese omaggio.

Sono passati più di un secolo dalla sua nascita. E diciassette anni sono trascorsi dall’inaugurazione della mostra dei costumi, tanto apprezzata ancor oggi da turisti, viaggiatori e appassionati.

Il tenore Puma e sua moglie, che è stata una grande soprano, riposano nella cappella di famiglia al cimitero comunale di Racalmuto.

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