Il suo trisnonno era il grande drammaturgo agrigentino: “La Sicilia che mi interessa è quella del presente”. Una carriera da scrittrice con un esordio che divenne un caso letterario. In estate presenterà il suo ultimo romanzo Bestie lungo la “Strada degli Scrittori”. Salvatore Picone l’ha intervistata per il magazine I Love Sicilia
Candido suicida, il suo romanzo d’esordio del 2018, è stato un caso letterario. E con Bestie, ambientato in Sicilia, è arrivata a sfiorare il premio Strega. Lei è Sofia Pirandello, trent’anni. Suo nonno Giorgio, figlio di Stefano, era nipote del grande drammaturgo Luigi Pirandello. Porta un cognome “pesante”, certo, ma lei non sente così tanto l’ingombro di un Nobel in famiglia. Ama la Sicilia. La considera la sua seconda casa. Dei tanti scrittori, Pirandello compreso, ha una certa passione per Goliarda Sapienza, la scrittrice catanese scomparsa nel ‘96 che era stata anche una finissima attrice. Felice quando il suo romanzo Bestie, pubblicato dalla casa editrice Round Robin, è stato candidato allo “Strega”: «Ho sempre voluto scrivere, da quando ero molto piccola – confessa – e approdare alle proposte del prestigioso premio letterario, pur senza vincerlo, è di per sé un grande traguardo».
Eccoci dunque con Sofia Pirandello. Questo libro sa molto di Sicilia…
«Sì, una buona parte della vicenda si svolge proprio in Sicilia. Non nomino mai dei posti specifici, ma dal dialetto è immediatamente evidente dove ci troviamo. Ho cercato di riportare il più vividamente possibile delle scene, che potessero risultare verosimili seppure non siano mai vere. La Sicilia che è presente nel libro è una delle protagoniste, e come tale è il risultato della mescolanza di esperienze reali e inventate».
Qual è il tuo rapporto con quest’isola?
«Per me è anzitutto una seconda casa. Sono nata a Roma, ma mia madre e la sua famiglia sono di Catania, una parte della famiglia paterna vive a Palermo. Purtroppo non riesco ad andarci quanto vorrei, sono contenta che le presentazioni di Bestie mi daranno occasione di tornare».
Sicilia significa anche lontane radici…
«Devo dire che la Sicilia più importante per me è quella del presente».
Agrigento, la Girgenti del tuo trisnonno, si muove verso l’anno che sarà Capitale della Cultura
«Sono molto felice per la nomina di Agrigento a Capitale della Cultura 2025. Al di là delle meraviglie storiche, artistiche, architettoniche e culinarie della Sicilia, di sicuro la letteratura ha contribuito a guadagnarle la sua meritatissima fama».
Tutti, immagino, ti chiedono delle tue origini. Cosa significa crescere con un nome così impegnativo?
«Che tutti mi chiedono cosa si prova a portarlo!».
Appunto. Il tuo trisavolo era Luigi, il tuo bisnonno Stefano, anche lui un grande scrittore. E tuo nonno Giorgio, molto amato dal nonno…
«Mio nonno purtroppo è morto quando ero ancora molto piccola, ma gli volevo ovviamente molto bene. Come è facile capire, non ho mai pensato a lui o ad altri membri della mia famiglia come a degli eredi di una serie di antenati illustri, piuttosto come a dei parenti molti amati. Ero anche molto legata a mia nonna, Adriana Ferri, una donna estremamente forte e di un’intelligenza vivace…».
Già! Una donna straordinaria il cui nome è legato alla storica cooperativa di abbigliamento fatta di sole donne, nata ad Allumiere negli anni Settanta e ispirata alle idee di socialismo umanitario dei tuoi nonni. Ma torniamo al tuo libro che in estate farà anche qualche tappa in Sicilia e ad Agrigento lungo la “Strada degli Scrittori”. Parlaci di Lucia, la protagonista
«Bestie è nato inizialmente dal desiderio di indagare il crimine senza movente. Ho provato a immaginare la vita di una persona che arriva a compiere delle azioni per le quali non risulta un motivo evidente. Potremmo dire che Bestie è la verità di Lucia su di sé. È una biografia scritta in prima persona, che comincia con Lucia bambina, nel suo paesino d’origine, e la segue nel corso di buona parte della sua esistenza. L’ho pensato come uno scavo eziologico, che cerchi di ricostruire le motivazioni delle sue scelte, dei suoi comportamenti, non necessariamente per accettarli e per giustificarli, ma per comprenderli. Ci sono molti temi all’interno del libro, per esempio, la migrazione e poi il ritorno alla propria terra. Uno dei più importanti è forse la solitudine imposta dall’assenza di ascolto, che genera una sordità reciproca gli uni verso gli altri. Lucia si trova al centro di rifiuti continui, del mancato riconoscimento da parte di tanti suoi familiari e compaesani, e di conseguenza all’inizio persino di se stessa».
…una vita complessa!
«Questo libro, in effetti, è anche un viaggio attraverso la complessità. Lucia si rende presto conto che la rigida distinzione fra un Sud perduto e un Nord delle possibilità è completamente vuota. La categoria di fimmina, in cui di continuo viene ricacciata, non ha un vero significato e spesso non vuol dire quello che lei si sente di essere. L’unico vero femminile in cui si riconosce è un femminile bestiale desiderante, forte, alle volte cattivo, persino crudele e antipatico, molto lontano da una visione disinnescata della donna che da sempre le vogliono vendere. Lucia cerca una definizione di sé al di fuori delle definizioni preordinate e cerca una famiglia in coloro che sanno ascoltare e che sanno costruire alleanze al di là del legame di sangue».