Nel 1503 minacce e duelli narrati da Leonardo Sciascia. Ma tra i due paesi ora è scoppiata la pace
La via Francigena unisce ovunque i pellegrini, simbolo di fede, di pace. Ma nel 1503 si rischiò la guerra sull’asse Palermo-Agrigento, fra Racalmuto e Castronovo di Sicilia. Per una statua della Madonna. Adesso evocata lungo quest’itinerario chiamato “Magna Via Francigena Castrinovi” in un documento del 1906, una sorta di decreto emesso da Ruggero il Granconte allo scopo di definire il vasto territorio della diocesi di Messina.
Un itinerario percorso da una teoria di camminatori. Interessati al racconto. Sorpresi da quello che apparve al popolo di Castronovo come un vero e proprio scippo. Un atto d’arroganza e prepotenza. Con la soave statua della Madonna contesa a colpi di minacce e duelli. Tutto per quell’effige arrivata dal mare, sulle coste agrigentine.
Appunto, la Madonna commissionata in Africa (o forse a Trapani), scortata nell’entroterra dal principe di Castronovo, Eugenio Gioeni, e dai suoi fedeli verso il loro paese. Sostando però a causa di una tempesta per una notte a Racalmuto dove, chiesta ospitalità al Signore del Castello Chiaramontano, il conte Ercole Del Carretto, non avrebbero mai immaginato di dovere mollare il simulacro.
Come accadde scoprendo all’alba che il carretto con la statua era sprofondato nel fango, le ruote in frantumi. Bloccato proprio dove oggi sorge il santuario di Maria Santissima del Monte. Segno evidente di “una chiara volontà” della stessa Madonna di restare dov’era, dissero i racalmutesi. Con gli sgherri del marchese pronti a difendere la “scelta” e il miracolo, mentre gli sventurati gridavano al sabotaggio. Con tanto di duello fra Gioeni e Del Carretto.
Scelta obbligata per il principe, tornato dall’Africa per curare la sua ipocondria e sbarcato a Punta Bianca, un’altra meraviglia simile alla più famosa Scala dei Turchi, stando alla leggenda riscritta dai racalmutesi: “Di ncapu mari na navi vinìa, / facennu festa e sparannu cannuna. / Ascontra Racarmutu pi la via / vonzi ristari ccà sta gran Signura (volle restare qua la gran Signora)…”.
Ne ha scritto Leonardo Sciascia anche nel libro sulle feste religiose (e pagane) con le foto di Ferdinando Scianna, partendo dalle Parrocchie di Regalpetra. E la tragedia è diventata commedia, messa in scena ogni anno in piazza da attori armati di cappa e spada, su testo di Piero Carbone, Nicolò Macaluso, Eugenio Napoleone Messana. Contesa evocata la seconda settimana di luglio con una gran festa per la Madonna rimasta a Racalmuto. Ma dal 1986 celebrata anche dai cittadini di Castronovo perché da 37 anni, dopo screzi e animosità secolari, è comunque scoppiata la pace. Come apprendono i pellegrini quando, superato il santuario dedicato alla Madonna del Monte, si ritrovano cento metri più in là davanti alla Casa-museo di Sciascia, divenuta tappa della Via Francigena, con tanto di mattonella incollata davanti all’uscio e bollo pronto per certificare il passaggio sui documenti dei viaggiatori.
In questo rovente paese che nel 1579 diede i natali anche a Pietro D’Asaro, il pittore orbo d’un occhio, e nel 1622 a Fra’ Diego La Matina, il frate mandato al rogo dall’Inquisizione, un sindaco illuminato, Lillo Sardo, lo stesso che con Sciascia volle la Fondazione allo scrittore intitolata, nel 1986 tese la mano al sindaco di Castronovo, Salvatore Tirrito. Avviando un vero e proprio gemellaggio. Da allora rinnovato ogni anno. Con una delegazione arrivata anche lo scorso luglio. Perché ormai i due paesi celebrano insieme la festa per la Madonna che, dopo la processione, torna sull’altare del Monte, il santuario visitato dai pellegrini poi in cammino verso Castronovo dove la statua mai arrivò.
Occasione per una visita a Regalpetra, al Castello Chiaramontano dove oggi campeggiano le sculture di Giuseppe Agnello, lo stesso autore della statua di Sciascia a passeggio davanti alla Chiesa Madre. Navate affollate dai viaggiatori che ammirano le tele di D’Asaro il “Monocolo” dopo essere passati dalla grotta dove si nascose Fra’ Diego La Matina. Storie intrecciate, da scoprire bussando alla Casa museo dove Pippo Di Falco, l’intellettuale che l’ha salvata, è pronto a sfogliare e illustrare con Totò Picone, Gigi Restivo, con altri volontari e scrittori, le pagine di una storia dove campeggia anche quel duello tutto sommato incruento, fulcro di una leggenda fra due tappe che un filo di sentieri e trazzere unisce. Paesi gemellati. Lungo un tracciato da percorrere a piedi, a cavallo o in bicicletta, per conoscere una Sicilia insolita, ricca di verdi paesaggi montani, di dorate colline, di profumi e di storie da assaporare.