In attesa che in tutte le scuole vengano impiantati pannelli fotovoltaici e impianti di climatizzazione che garantiscano temperature vivibili a studenti e docenti
25 settembre 2023: primo giorno di scuola. È questa la notizia che avremmo voluto dare, che avremmo voluto sentire e soprattutto sperimentare. Ma così in Sicilia non è stato, la data di inizio stabilita dall’Assessorato Regionale dell’Istruzione è stata il 13 settembre.
In una scuola normale, fatta a misura di bambino, di studente, di persona, il primo giorno di scuola dovrebbe essere un giorno piacevole, dalle temperature miti. Un giorno in cui il caldo torrido è solo un lontano ricordo e i costumi da bagno sono già stati riposti negli scatoloni in fondo all’armadio.
Così me lo ricordo il mio primo giorno di scuola. Indossavo persino il grembiule corredato immancabilmente da colletto bianco inamidato e fiocco. L’aria era fresca, l’odore del mosto intenso, la maestra profumata.
E invece no, da un po’ di anni l’inizio dell’anno scolastico viene sempre anticipato di qualche giorno. Lasciamo perdere gli studenti di Bolzano che hanno varcato i cancelli delle loro scuole il 5 settembre, con una temperatura media di 20°. Pensate, invece, che in Sicilia alcune scuole, virtuosissime, hanno iniziato l’8 settembre. Molto bene! Di questo passo a breve saremo chiamati a suonare la prima campanella a Ferragosto come “Mammedi*****” propongono.
Indubbiamente ci sono motivazioni importanti alla base di queste scelte, prima fra tutte garantire un calendario scolastico di almeno 200 giorni di scuola, pensare a dei ponti in concomitanza con le festività, usufruire della settimana corta e altro ancora. Nulla da eccepire. O forse no, ci sarebbe veramente tanto da discutere visto come sono andate le cose. “Fa troppo caldo, allerta rossa in tre province siciliane: scuole chiuse a Capaci, uscita anticipata a Balestrate e Trappeto.” titola il Giornale di Sicilia. Ma non sono andate in maniera diversa le cose in tanti altri comuni siciliani dove le temperature hanno toccato massime di 36 – 38 gradi. “Le scuole di Gratteri (Palermo), nelle Madonie, sono state chiuse per l’emergenza incendi.” scrive ANSA.
“Non so da voi, Valeria, ma da noi abbiamo avuto bimbi svenuti ed epistassi continue … una situazione inverosimile”. Mi scrive Roberta, mentre io confermo la presenza degli stessi malesseri e aggiungo anche un buon numero di bambini con sintomi influenzali. Alle 14:15 al suono della campanella, dopo sei lunghissime ore di lezione, l’ideale sarebbe stato fare un tuffo al mare. Peccato che una volta saliti in macchina, dove la temperatura sfiorava i 40°, l’unico desiderio diventava quello di fiondarsi a casa, strapparsi di dosso i vestiti e abbandonarsi davanti al condizionatore.
“Sono bravi tutti a fare lezione a 12 gradi. Con il riscaldamento acceso, o con il cappottino ben annodato e in pendant con gli stivali. O con i tacchi a spillo. O con gli anfibi. Non è questo il punto. A fare lezione con 36 gradi netti e una percentuale di umidità direttamente proporzionale al sudore vagamente percepito vi voglio vedere. A cercare il consenso, o anche solo un segno di vita tra facce collassate sui banchi a rotelle e la mancanza di forze con la fatica dello sventagliamento continuo, che si vede il vero Superman tra i docenti. Quello che non si ferma davanti a nulla, ragazzi svenuti, collassati, disidratati, ragazzi che non hanno più la forza di scrollare Instagram già a seconda ora!” scrive Daniela Vitello, prof in una scuola di Palermo, sulla sua pagina di Facebook.
Certo, riuscire a competere con l’interesse che può destare un’ape che si è intrufolata in classe, o con i genitori del nido che passano davanti alle finestre non è cosa facile, anzi a tratti è proprio impossibile. E così mi chiedo, anche questa volta, cosa ho sbagliato? È mai possibile che questi ragazzi abbiano dimenticato proprio tutto? Sono bastati tre mesi di vacanze per cancellare ogni cosa? Non credo. Forse è meglio portarli fuori a giocare. Se non altro queste due lunghissime settimane di scuola serviranno a rinforzare la socializzazione, a stimolare un minimo di dialogo in presenza, a condividere un gioco che non sia “Fortnite”.
Del resto da educatori siamo sempre pronti a vedere, a scoprire, a volte anche immaginare il lato positivo delle cose. E in questo caldo, caldissimo, ardente settembre il lato positivo è che molti genitori sono tornati a lavoro tranquilli perché hanno collocato a scuola i propri figli. Altri hanno potuto riprendere il rito della colazione al bar con gli amici dopo aver lasciato i figli a scuola. Altri ancora sono tornati in palestra. Ci sono poi quei camei di mamme che col primo giorno di scuola hanno iniziato a fare le pulizie straordinarie, più che mai decise a far brillare ogni angolo della casa. Insomma la scuola ha garantito a parecchie famiglie un ritorno alla quotidianità avulsa dal problema “Dove lascio il bambino?”.
Per gli adolescenti il discorso non cambia molto, perché molti genitori sostengono: “Meglio a scuola con 35° che a casa piegato sullo smarphone”. E anche questo è vero. Peccato però che siano iniziati anche i compiti. E se a scuola è stato difficilissimo farli concentrare, immaginiamoci cosa sarà successo a casa nel tentativo di svolgere quella lunga serie di esercizi che molti docenti – io per prima – si sono sentiti in dovere di lasciare. Attività semplicissime, magari di livelli inferiori, ma necessari per far riprendere il ritmo agli studenti. Anche questa, come è facile comprendere, è stata una battaglia persa.
E in queste settimane, tra il caldo tropicale, zanzare settembrine, api disorientate, sudore appiccicoso e sventagliamenti vari, la scuola è andata avanti, rivelandosi ancora una volta un ottimo parcheggio per alcune famiglie, perché nel mercato della competitività in cui sono i numeri a fare la differenza la scuola deve sempre garantire non solo istruzione, formazione e socializzazione, ma anche servizio di assistenza e custodia.
Certo non tutte le scuole sono state tanto virtuose da iniziare l’anno scolastico con l’orario pieno. Ce ne sono state alcune che hanno avviato le attività in maniera graduale: la prima settimana tre ore, la seconda quattro, la terza cinque, per arrivare ad ottobre con l’orario pieno, salvando capra e cavoli. Chapeau!
Non so voi, ma io, tra una vampata e l’altra, tra uno sventagliamento e l’altro, in queste due lunghissime settimane non ho mai potuto fare a meno di pensare a “Mammedi*****”, Francesca e Sarah, le due mamme influencer che propongono un cambiamento del calendario scolastico in Italia ci dicono ancora fermo all’800.
“Chiudere per tre mesi l’estate la scuola ha senso?” chiede Francesca Fiore su Instagram. E io rispondo: “Cara Francesca, comprendo perfettamente le motivazioni che vi hanno spinte a lanciare una petizione sulla riformulazione del calendario scolastico, che in teoria sono ineccepibili. Peccato, però, che nella realtà noi docenti ci troviamo a confrontarci con problemi pratici, primo fra tutti le temperature. Non so dalle vostre parti, ma qui a luglio si schiatta. Provate voi a fere lezione, a tenere in classe i bambini con 46° all’ombra. Vi assicuro che il summer learning loss diventerebbe l’ultimo dei vostri problemi”.
E ad ogni modo, ritornando a noi umili docenti, mi chiedo e vi chiedo: Ma è mai possibile che in un’epoca in cui le scuole competono per contendersi il titolo di Scuole 4.0 – innovative e laboratoriali, nessuno ma proprio nessuno, prima di deliberare l’inizio dell’anno scolastico e approvare l’orario di entrata e di uscita degli alunni abbia dato un’occhiata alle previsioni meteo? Non era necessario conoscere applicazioni sofisticate. Bastava dare un’occhiata ad uno dei tanti siti che puntualmente ci aggiornano con le previsioni a 15 giorni. Ci sta che ogni tanto non ci azzecchino, ma in questo caso un’oscillazione di pochi gradi non avrebbe fatto alcuna differenza: 34 o 36 gradi sempre caldissimi sarebbero stati.
Comunque, in attesa che in tutte le scuole vengano impiantati pannelli fotovoltaici e impianti di condizionamento, che garantiscano temperature vivibili a studenti e docenti – mi suggerisce mio marito – il prossimo anno, a settembre, prima di alzare la manina per approvare qualsiasi proposta, una sbirciata al meteo diamola tutti, se non altro friggeremo di caldo consapevoli di averlo voluto.