L’approvazione del Disegno di Legge del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sul voto in condotta il primo passo di un lungo processo di educazione/rieducazione non solo per gli studenti ma anche per le loro famiglie
- Buongiorno signora, sono la maestra.
- Buongiorno maestra, mi dica.
- Signora, la contatto perché abbiamo bisogno di parlare al più presto con lei.
- Ma come? La scuola è iniziata da meno di una settimana e già volete incontrarmi? Io non ce la faccio più.
- Signora, è necessario vederci. Lo so che l’idea la preoccupa, ma forse lei dovrebbe veramente preoccuparsi se non la contattassimo più: il silenzio sarebbe il segno inequivocabile della nostra resa.
Questa la telefonata che avrei potuto fare qualche settimana fa alla mamma di un’alunna non sempre rispettosa delle regole. Una di quelle che riesce a destabilizzare una classe solo con la sua presenza.
La scuola dell’obbligo ne è piena. E questo non è un male, sia ben chiaro, perché i bambini sono solo bambini, che assorbono umori e atmosfere familiari ed esprimono con il loro comportamento malesseri e difficoltà. Lo fanno a modo loro. Lo fanno per chiedere aiuto, attenzioni, ascolto. Non è semplice comprenderli. Non è facile aiutarli.
L’osservazione, l’ascolto, il dialogo non sempre danno buoni risultati. Token Economy, pause frequenti, incarichi di responsabilità, peer tutoring, ci si inventa l’impossibile per educare uno studente al rispetto delle regole. Ma se la famiglia non collabora con buone probabilità si tratta di una battaglia persa. E ogni battaglia persa è un fallimento cocente dalle conseguenze spesso irreversibili.
Alcuni genitori, in linea del tutto teorica, sono assolutamente d’accordo sulle linee educative da attuare, sulle regole da condividere. Peccato però che quando è il proprio figlio a discostarsi dall’osservanza delle regole trovano sempre un modo per minimizzarne o giustificarne il comportamento.
Altri, sebbene comprendano la gravità dei comportamenti, stringono le spalle, dichiarando apertamente: “Io non so più che fare”. Sono genitori che hanno buttato la spugna, che non riescono a tenere testa ai loro figli. Sono impotenti di fronte al loro fallimento.
Poi ci sono anche i genitori di alunni responsabili, che rispettano sempre le regole, che aiutano i compagni, che portano a termine le consegne, che mostrano rispetto per tutto ciò che li circonda. Questi alunni non sono moltissimi, ma ci sono. Ci sono perché hanno dietro famiglie attente e presenti.
Per esperienza posso dire che il profilo di ogni alunno si delinea sin dalla scuola primaria. Difficilmente uno studente stravolge il proprio percorso scolastico. Sebbene esistano delle rare eccezioni, gli studenti educati rimarranno sempre tali. Saranno quelli che incontrandoti dopo trent’anni ti saluteranno ancora con “Buongiorno Maestra”. Continueranno a darti del lei. Si distingueranno nella vita e nel lavoro per la buona educazione. Sono i figli di quei genitori che ad ogni ricevimento prima di chiedere “Come va mio figlio”, chiedevano “Come si comporta mio figlio?”
Dalle mie parti, quando ero piccola, quando si veniva presentati ad un anziano ci veniva chiesto “A cu apparteni?”. L’appartenenza era una carta di presentazione, una garanzia di buona o cattiva educazione. Era un valore imprescindibile. La famiglia faceva la differenza.
Sono convinta che anche oggi le famiglie possano fare la differenza. E la differenza sta nell’acquisizione delle regole, del rispetto delle regole. E se è vero che le prime regole di comportamento vengono apprese in famiglia, ciò vuol dire che alunni indisciplinati sono figli di genitori incapaci di educare con autorevolezza. Vuol dire anche che alunni poco rispettosi della scuola e dei docenti sono figli di genitori che mostrano poco rispetto per la scuola e i docenti.
Il processo è piuttosto lineare: se un bambino si comporta bene a casa si comporterà bene anche a scuola con i compagni e i docenti.
Purtroppo, le cronache dei giornali sono piene di storie che raccontano di studenti refrattari alle regole, che mancano di rispetto ai docenti, che si accaniscono contro i compagni. E sono piene anche di storie di genitori che schiaffeggiano i professori, che hanno da ridire sull’operato dei docenti, che ricorrono ai tribunali per contestare voti e bocciature dei propri figli.
La scuola è in balia di studenti capricciosi e di genitori prepotenti. Ed è la società a pagarne le conseguenze.
Per restituire autorevolezza ai docenti e alla scuola la Camera dei deputati ha approvato la riforma del voto in condotta e della valutazione alla Primaria. La legge mira a responsabilizzare i ragazzi: il voto di comportamento peserà ai fini della valutazione complessiva del percorso scolastico e dell’ammissione agli esami di Stato.
Alla scuola primaria tornano i giudizi sintetici, che vanno da ottimo a insufficiente. Si tratta di giudizi molto più comprensibili dei precedenti livelli. La comunicazione con le famiglie dovrebbe migliorare insieme all’efficacia della valutazione. Insomma, un non sufficiente sarà chiaro a tutti.
Obiettivo della legge è sostenere il lavoro di tutti i docenti: i giovani non sono solo portatori di diritti ma anche di doveri.
Io direi che questo è il primo passo di un lungo processo di educazione/rieducazione non solo per gli studenti ma anche per le loro famiglie.
Magari col prossimo governo i giudizi verranno sostituiti dai voti. E forse non sarebbe male. Un 3 in pagella brucia più di uno schiaffo. Bisognerebbe essere insensibili al dolore per non sentirne gli effetti.