Francis Closon, un uomo straordinario che ha dedicato la sua vita al sapere e alla condivisione
Siamo fili invisibili che si intrecciano, e a volte il destino ci regala l’occasione unica di incontrare qualcuno di speciale. A me è successo cinque anni fa, in una serata qualunque, quando casualmente ho conosciuto Francis Closon. Francis, per chi non lo conoscesse, è nato in Belgio nel 1957, da madre di origini grottesi ed ha condotto la sua vita lì. Ha avuto due splendidi figli con una donna che ha amato fino all’ultimo respiro, poi un compagno Martin, l’amore della sua vita, e quattro nipoti che adorava, fin quando un giorno ha deciso di cambiare rotta e vivere una vita molto più semplice e meno frenetica.
Un uomo cosmopolita e poliglotta, cresciuto in Belgio, che sceglie di abbracciare la semplicità della campagna siciliana, stabilendosi in una casa immersa tra ulivi e mandorli. Lo conobbi nel bar del centro e quella sera, del tutto inaspettata per me, gli chiesi come mai avesse scelto di abbandonare la sua città per vivere in un posto che non poteva di certo offrigli quella mondanità. Con franchezza mi rispose che Grotte era bellissima e per lui aveva grandi potenzialità. Non capii subito, mi stupii senz’altro della sua scelta, per noi che cerchiamo in tutti i modi con denti e artigli di trovare un posto alternativo dove poter vivere e lavorare, che ci possa permettere di arrivare a fine mese, era discutibile, ma questo è un altro discorso un po’ fuorviante. Col tempo ho imparato molto da lui, l’ho vissuto così intensamente da capire che per lui era indispensabile vivere quella terra e respirare quell’aria. Dopo tutto sua madre era Grottese e credo pure che in cuor suo, la sua scelta sia stata un modo per riconnettersi con le sue radici, con le radici di quella madre di cui tanto parlava e di cui ne era follemente innamorato.
Francis è stato un uomo straordinario che ha dedicato la sua vita al sapere e alla condivisione. La sua vera gratitudine era svegliarsi ogni mattina circondato dalla pace e dal silenzio, un ritmo di vita che scandiva anche le giornate trascorse insieme a lui.
Nei momenti difficili della mia vita, che fosse durante il mio percorso universitario o nella mia quotidianità, il mio pensiero era diventato quello. Andare da Francis era diventato un rituale a tal punto da non poterne fare a meno, per trascorrere del tempo con lui, per ritrovare un po’ di quella pace e quella serenità che solo un pomeriggio insieme sapeva restituirmi. Quei momenti erano fatti di silenzi, di ricordi, di nostalgia, di riflessione e soprattutto di risate, tantissime. Aveva la capacità di stravolgerti i piani, la vita, ma nel senso più positivo del termine. Tu andavi lì con il cuore a volte, anche pieno di macigni e lui faceva di tutto per farti sentire a tuo agio, delicatamente ti accarezzava il cuore e lo faceva con maestria e leggerezza.
Ci sono persone che, anche quando non ci sono più, restano. Non tanto per aver lasciato un segno evidente, ma perché in silenzio hanno saputo toccare il cuore di chiunque li abbia incontrati. Francesco è una di quelle persone. Il suo spirito era quello di un viaggiatore, ma non solo dei luoghi, anche della mente e del cuore. Venire in Italia non è stato soltanto un cambio di scenario per lui, ma una nuova sfida: imparare una nuova lingua e instaurare un contatto solido con una nuova cultura e con la tradizione Siciliana, che aveva imparato ad amare, anzi direi quasi certamente che l’amasse alla follia e così, ogni qual volta organizzava una serata tra amici la sua richiesta per me era “Su, dai, canta ‘A finestra di Carmen Consoli”.
Si è cimentato nell’italiano e nel siciliano, con l’entusiasmo di uno studente, sempre pronto a correggersi. Francesco non si è mai tirato indietro, con una curiosità che lo rendeva unico, affrontava quel gap linguistico come un’opportunità.
Francesco era un uomo che amava imparare, ma soprattutto condividere. Chiunque gli stesse accanto sapeva che attraverso i suoi occhi il mondo appariva più bello, più interessante. Ed io che ho avuto la fortuna di conoscerlo a fondo, lo ringrazio per avermi concesso la possibilità di guardalo insieme a lui. Non era necessario aver viaggiato con lui o quanto lui, perché Francesco sapeva raccontare le sue esperienze in modo così vivido da farti sentire parte di ogni sua avventura. I suoi viaggi non erano semplici spostamenti da un luogo all’altro, erano esperienze di vita che lo hanno arricchito e che generosamente ha donato agli altri.
Negli ultimi anni Francesco ha affrontato una battaglia, una lotta contro “la malattia” che ha saputo vivere con la stessa serenità e dignità che ha sempre dimostrato. Anche quando la vita lo ha messo di fronte a una sfida ben più grande, ha continuato a trasmettere la sua forza e il suo coraggio a chi gli stava accanto, sempre con quel sorriso che sapeva tranquillizzare chiunque. Ricordo bene quel giorno. Quella notizia arrivò come un fulmine al ciel sereno per tutti noi che lo vivevamo, ma senza troppi giri di parole e con l’onestà di chi riconosceva di aver vissuto una vita meravigliosamente bella, mi disse col suo accento forestiero: <<Sono malato, prima o poi morirò ma sto benissimo>>. Ecco, non c’erano lamenti, non c’erano rimpianti, non c’era rabbia e tristezza per quel malcapitato evento, solo una quieta accettazione del cammino che avrebbe dovuto percorrere, fino alla fine.
La sua storia non è fatta di conquiste scontate o di successi gridati, ma è stata una storia di amore silenziosa e tenace, di sacrifici, di volontà, di perseveranza ma anche di leggerezza. Ha guardato il mondo con occhi curiosi e aperti e questa è stata la sua più grande ricchezza. Francois amava la vita.
Ha portato avanti battaglie personali importanti, e anche come sindacalista ha lottato per i diritti di chi non aveva voce, difendendo con coraggio e determinazione cause che credeva giuste. Ha vissuto tutto questo con la dedizione di chi sa che le conquiste vanno sudate, che nulla arriva senza sforzo. Oltre al suo impegno come sindacalista, c’era il cuore di un insegnante, un ruolo che ha intrapreso con passione. Si è calato completamente nel suo compito, ha insegnato con l’anima, mostrando ai suoi studenti il valore della cultura, della curiosità e della bellezza che si nasconde nel sapere. Voleva far emergere il meglio in ogni persona, far capire che la conoscenza è potere, ma anche un mezzo per rendere il mondo un posto migliore.
Francesco non era solo un uomo straordinario per la sua intelligenza, la sua curiosità, il suo impegno sociale. La sua vera grandezza risiedeva nella sua sensibilità, nella sua capacità di aprirsi agli altri, di fare spazio nella sua vita per chiunque incrociasse il suo cammino. Chiunque abbia avuto la fortuna di condividere anche solo un momento con lui, una chiacchierata, una serata di karaoke – che amava tanto – sa che quel tempo non è stato mai sprecato. È stata un’occasione unica e irripetibile, un regalo prezioso, perché Francis sapeva rendere speciale ogni incontro e ogni frammento di vita.
“Tristezza, per favore va’ via, tanto tu in casa mia no, non entrerai mai. C’è tanta gente che ha bisogno di soffrire e che ogni giorno piange un po’, invece Ornella vuole vivere e cantare e deve dirti di no” cantava Ornella Vanoni nel 1967.
Conoscendo bene Francis, so che avrebbe immortalato questo momento proprio con questa canzone e queste parole e che le avrebbe cantate a squarciagola e con gli occhi pieni di gioia per la vita. Sì, perché per quanto difficile, Francis ci ha insegnato che la vita può essere affrontata con il cuore aperto, con curiosità, con la consapevolezza che il bello esiste anche dove non pensiamo di trovarlo. Il suo ricordo ci invita a non arrenderci, a non perdere mai la speranza, a continuare a lottare per ciò che è giusto, ma anche a riconoscere la bellezza che ci circonda, nelle piccole cose, proprio come lui sapeva fare ogni giorno.
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