Grotte, un ritaglio di giornale e una foto, datati dicembre 1973, ci portano indietro di oltre 40 anni. E affiora il ricordo di Edvige Vasco, una delle più acclamate attrici di prosa del ‘900.
“L’Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendogli di mano gl’anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia”, per dirla così manzonianamente ciò vale anche per i pensieri, che spesse volte risorgono dall’oblio e son pronti a rivivere. Ma tolto il tempo, così come laicamente lo intendiamo, nella sua direzione d’un solo verso, nella memoria appunto, il tempo si elìde e i pensieri s’intrecciano secondo meccanismi e variabili non preventivabili.
Magie della memoria che si uniscono e si scontrano, venti mnemonici che rinnovano il sentire dell’animo: petali trascinati da un alito. E si ritrovano in consecuzione o, addirittura, si sovrappongono fatti e personaggi che nella loro vita terrena nulla avevano a che fare tra loro, ma nell’affiorare da quelle viscere oscure si accompagnano gli uni agli altri, raccontando una storia diversa, di eterea realtà: con gli occhi di chi la ricorda.
Pensieri affioranti, storie palpitanti, da una canzone, da un verso appena percepito, e poi oscurato, rimane una parola.
“…Ma da Edwige e la zia, eh…”. Vasco Rossi che canta. Ed ecco come per magia si combinano le parole Edwige e Vasco, Edvige Vasco, una delle più acclamate attrici di prosa del ‘900, pugliese di nascita, che, per ragioni di cuore, si stabilì al mio paese, Grotte, dove visse per più di cento anni.
E proprio in occasione del suo compleanno, nel 1973, Maria Paola Sciarrotta la intervistava per il giornale locale “Il Pungolo”. Domande precise, ad ampio spettro (certo che in cento anni di vita ce ne sono cose da raccontare), risposte puntuali, lucide.
Ce n’è una che incuriosisce, diciamo di costume, e ancor più la risposta, arguta, ironica.
Chiede l’intervistatrice il pensiero dell’attrice sulla moda.
Risponde “ L’unica cosa che non ammetto della moda moderna è la minigonna, non perché sia antiquata, ma perché credo che le grazie femminili vadano adeguatamente nascoste. La donna opportunamente coperta esercita più fascino. Se mio nipote dovesse sposare una signorina che porta la minigonna, il primo consiglio che le darei sarebbe quello di non farle salire le scale mai a piedi ma in ascensore”.
Il fascino della coperta seduzione si potrebbe dire, il rimanere nascosto velato, ciò che stimola l’intelletto, il vedere oltre, un rapimento dei sensi.
E per quella combinazione imprevedibile, si manifesta, è proprio il caso di dirlo, Eva, la protagonista dell’omonimo romanzo verghiano, la bella mascherina, che tanto fascino suscita nonostante il suo stare celata: la passione della ragione.
Da Malgrado tutto, Marzo 2017