Fondato a Racalmuto nel 1980

Racalmuto, quel sepolcro dimenticato

Si trova in un angolo della chiesa del Carmelo. Era la sepoltura del priore che fece costruire nel ‘500 il convento dei carmelitani.

Entrando nella chiesa del Carmelo non si può fare a meno di sfiorare con lo sguardo il sarcofago di granito dove è sepolto Girolamo II Del Carretto, signore della terra di Racalmuto, assassinato nel 1622. Questo sarcofago, a quanto pare, fu trasferito dalla chiesa di San Francesco per volere della povera vedova Beatrice di Ventimiglia. Ma non siamo qui oggi per riecheggiare antiche vicende e misteri legati a questa sepoltura e alle mille storie ad essa legate.

C’è un’altra sepoltura assai importante, in questo luogo. Così come ce n’erano in tutte le chiese del paese. Una sepoltura quasi dimenticata. Laggiù, a destra dell’altare centrale, ai piedi della grande pala di Pietro D’Asaro dedicata al Crocifisso con i suoi santi Ausiliatori, si trova a terra l’iscrizione sepolcrale di un personaggio importante per la storia locale. La lapide è un po’ danneggiata per i tanti traslochi avvenuti nel corso dei decenni. Sotto questa lastra di marmo riposavano le ossa di Padre Paolo Fanara, priore per 46 anni. Un frate racalmutese, come ci ricorda lo storico Calogero Taverna, molto attivo anche nel sociale. Fu lui a chiedere l’autorizzazione a realizzare una “fera franca“, una fiera – ne resistono ancora tante in tutta la Sicilia – da svolgersi la terza domenica di luglio in occasione della festa dedicata alla Madonna del Carmine.

Durante il suo priorato, tra il 1575 e il 1621, fece ampliare la chiesa, ma soprattutto fece edificare il convento dei carmelitani. Era un “convento nobile e antico”, scrivono gli storici, dove vivevano una decina di frati. La preziosa lastra di marmo seicentesca andrebbe valorizzata e protetta, commentava in questi giorni Carmelo Mulè, promotore diversi anni fa della sezione dell’Archeoclub di Racalmuto, l’assessore comunale che nell’82 fece ristampare le “Memorie e Tradizioni” di Tinebra Martorana. Ci vorrebbe qualcosa, dunque, che delimiti questo spazio per proteggere quel che resta di questo sepolcro dove ancora si riescono a decifrare le parole in latino tradotte per noi da Raimondo La Valle e Maria Paola La Vecchia:

Paolo Fanara innalzò questa Chiesa, la rese grande, la adornò di Immagini Sacre, e curò, da cima a fondo ogni cosa con grande perizia, l’edificazione di questo coperchio funebre. Visse 71 anni ed è stato posto nell’anno proprio di salvezza 1621 per dignità sua nell’anno 46mo del suo priorato. Si è addormentato nel Signore.

Un’attrazione in più per i tanti pellegrini della Magna Via Francigena che passano da Racalmuto e spesso alla ricerca di piccole storie come quella di Fra Paolo o dello stesso Del Carretto. Così come sarebbe importante raccontare – tanto per restare in questa chiesa e secondo quanto ci diceva il professor Giuseppe Nalbone, autore tra l’altro di un importante libro sulla storia dei luoghi sacri del paese – che qui si conservava (o si conserva?) la Reliquia della Santa Croce donata nel 1929 dallo zio gesuita, il P. Francesco Di Paola Nalbone, il “papa nero”, uomo di punta nelle sfere ecclesiastiche italiane e non solo.

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