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La cucina siciliana tra storia e curiosità. “Trionfo di Gola”

Un prelibato dolce la cui ricetta “non esiste”,  poiché mai trasmessa ufficialmente ai posteri

Antonio Fragapane

Il percorso gastronomico che abbiamo iniziato tempo fa, tra le tante scoperte e le altrettante conferme, ci ha rivelato un aspetto molto particolare della produzione dolciaria siciliana, ovvero la passione, la dedizione e l’inventiva – quest’ultima, a volte, indubbiamente geniale – che nacquero all’interno dei conventi e dei monasteri sparsi su tutto il territorio dell’isola. Dalla Cassata alle ‘Mpanatigghi modicane, dalla Pasta di Martorana alle Minni di vergini sambucesi (solo per citare alcuni esempi di cui ci siamo già occupati), dobbiamo tantissimo alla cosiddetta “pasticceria conventuale”, che tra il XV e il XIX secolo è nata dapprima come forma di svago delle suore che vivevano dentro quei silenziosi edifici, per poi – pian piano – trasformarsi anche in attività commerciale con cui realizzare dei piccoli guadagni, bastevoli giusto per le spese vive.

Oggi, questa produzione è andata quasi perduta, tenuta in vita solo in ormai pochissime strutture religiose come il Monastero di Santo Spirito ad Agrigento, il Monastero benedettino a Palma di Montechiaro, il Convento di San Michele (anch’esso benedettino e di clausura) a Mazara del Vallo e il Convento di San Francesco di Paola ad Alcamo. Ricette inedite, spesso concepite contemplando la natura e ideate sperimentando i molti ingredienti a loro disposizione, procedure segretissime e tecniche talmente invidiate da non essere trascritte nemmeno su carta per paura che potessero essere sottratte, quindi custodite nella memoria delle monache e così (ma non sempre) tramandate oralmente solo a una consorella degna della massima fiducia.

Tra queste creazioni, una spicca per complessità tecnica, fantasia, armonia al palato ed estrema sapienza negli abbinamenti, una ricetta che in realtà “non esiste”, poiché mai trasmessa ufficialmente ai posteri, ma negli anni frutto di numerosissimi tentativi di rievocazione, alcuni dei quali oggi, per fortuna, riusciti pienamente, così da poterci permetterne l’idillio dell’incontro gustativo. Nel suo Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa a un certo punto, tra le innumerevoli leccornie presenti su una tavola imbandita, lo cita, così descrivendolo: Trionfi di Gola col verde opaco dei loro pistacchi macinati. Eccolo, il Trionfo di Gola, il dolce chiamato esattamente per quello che è, massimo esempio di nomen omen. Pensavamo che il tripudio del barocco  dolciario siciliano fosse rappresentato dalla Cassata? Beh, ci sbagliavamo, perché quest’ultima occupa il secondo posto del podio. In alto, il vincitore è quello che può tranquillamente essere definito come la creazione di pasticceria tra le più articolate e difficili da realizzare in assoluto, una vera e propria ricetta monstre (che racchiude in sé un compendio della storia della gastronomia dell’isola), cui anche molti professionisti evitano d’avvicinarsi per evitare di fallire clamorosamente. E questa sua caratteristica è anche la principale causa della sua rarità e del fatto che è pressoché un dolce sconosciuto ai più. Volete infatti ordinarlo per assaggiarlo? Purtroppo, a meno che abbiate conoscenze tra veri maestri, farete davvero fatica. Ma adesso, bando alle ciance e passiamo ai fatti.

E’ molto probabile che questa ricetta si debba alle suore del Monastero dell’Origlione di Palermo, le quali furono in grado di concepire tutto ciò: si predisponga un primo strato di Pan di Spagna, inumidito con del rhum (ma originariamente si usava il Marsala). Su questa base si spalmi la “Conserva di pistacchio”, ovvero una crema spalmabile del nostro “oro verde”. Fatto ciò, si disponga un disco di pasta frolla, su cui poi applicare uno strato di crema di ricotta. Si ripeta nuovamente, quindi disco di pasta frolla ma stavolta vi si spalmi del Biancomangiare. Dopo di che, si stenda uno strato di Pasta reale (che è la pasta di mandorle) e, su di esso, la gelatina di albicocche (o, in alternativa, marmellata di arance).

Finito? Macché. Si rivesta il tutto con un altro strato di Pasta reale, decorando i bordi con granella di pistacchio e guarnendo la parte superiore con frutta candita a scelta (in quest’ultima fase, c’è chi aggiunge anche scaglie di cioccolato fondente e uvetta). Il “miracolo” sta nel bilanciare chirurgicamente la dolcezza di tutti questi ingredienti, viceversa il risultato, con molta probabilità, potrebbe risultare immangiabile. Ancora convinti che chiamarlo Trionfo di Gola sia stato esagerato?!

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